Israele alle prese con la grande diffusione del Covid-19 tra gli ultraortodossi

Israele alle prese con la grande diffusione del Covid-19 tra gli ultraortodossi
Diritti d'autore In preghiera al muro del pianto lo scorso 23 marzo, rispettando le distanze di sicurezza - MENAHEM KAHANA/AFP
Diritti d'autore In preghiera al muro del pianto lo scorso 23 marzo, rispettando le distanze di sicurezza - MENAHEM KAHANA/AFP
Di Lillo Montalto MonellaAgenzie
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La metà dei pazienti negli ospedali israeliani fa parte della comunità ultraortodossa, da sempre avversata dalla parte più laica del Paese. Sotto accusa il loro mancato rispetto delle regole anti Covid-19.

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L'epidemia di Covid-19 viaggia veloce tra le comunità ultraortodosse israeliane che, per diversi motivi, non si attengono alle misure restrittive imposte dal governo Netanyahu.

Come riporta il New York Times, nonostante gli ultraortodossi siano il 12% della popolazione di Israele, la comunità di ebrei haredim vanta una percentuale tra il 40 e il 60% dei pazienti ricoverati.

La reale portata della diffusione del contagio anche qui risulta essere sottostimata per la difficoltà di effettuare test in queste comunità.

In Israele al momento di scrivere il numero di positivi sfiora quota 5mila, 17 i decessi.

Le cause. Gli esperti attribuiscono questa proliferazione dell'epidemia tra gli ultraortodossi ai nuclei familiari estremamente numerosi, ad un atteggiamento di sfiducia nei confronti dello Stato centrale, ad una sostanziale ignoranza dei rischi da parte dei leader religiosi e ad un'avversione all'utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa, oltre che dei supporti elettronici per la preghiera.

Yigal Bronner, docente all’Università Ebraica di Gerusalemme, spiega al Manifesto che gli "haredim si sentono considerati un peso, un problema, e non si fidano di ciò annunciano le autorità".

Immagini e video di funzioni religiose particolarmente frequentate dalla comunità ultraortodossa hanno indignato molti connazionali. Questo video arriva dal sobborgo di Tel Aviv, Bnei Brak, dove il 95% dei residenti è haredim (“timorati di Dio”) e dove i casi confermati sono raddoppiati dai 267 di venerdì ai 508 di lunedì scorso.

Secondo il direttore generale dell'ospedale locale, intervistato dal NYT, il contagio qui è tra le quattro e le otto volte più alto rispetto ad altre parti di Israele.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu - in quarantena preventiva dopo la positività di un membro del suo staff - promettendo misure più severe ha detto che il non-rispetto delle regole da parte della comunità ultraortodossa mette a rischio la maggior parte degli ebrei.

"Gli epidemiologi hanno avuto poche difficoltà a spiegare la diffusione del virus nelle comunità ultra-ortodosse. La festività di Purim, una giornata carnevalesca di festa e socializzazione, è iniziata la notte del 9 marzo, quando erano ancora consentiti raduni fino a 100 persone. Una settimana dopo, la frazione ultra-ortodossa di Kiryat Yearim, vicino a Gerusalemme, contava circa un quarto dei suoi 7mila abitanti in quarantena", si legge sul quotidiano americano.

In alcuni punti del Paese, come a Bnei Brak, le autorità hanno autorizzato cerimonie funebri mentre in altre, come a Gerusalemme, la polizia ha usato il pugno duro contro chi infrangeva i divieti.

L’importante rabbino Chaim Kanievsky, 92 anni, la figura religiosa più ascoltata dalla comunità ultraortodossa, nei giorni scorsi aveva esortato la comunità haredi a proseguire le preghiere e aveva rigettato l'idea di chiudere le scuole. Domenica ha fatto un passo indietro suggerendo ai suoi il rispetto delle regole statali e di pregare a casa, da soli.

La risposta di Israele alla pandemia è stata tra le più decise al mondo, scrive Foreign Policy. L'esercito è stato chiamato a supportare la polizia per le strade nel fare applicare le misure restrittive decise dal governo. È stato implementato un sistema di tracciamento dei contatti tramite cellulare e ai professionisti della salute è stato impedito di lasciare il Paese per almeno 3 mesi.

Media locali riferiscono che il Ministero della Salute sta pensando al blocco totale per le festività di Pasqua, che iniziano settimana prossima e durante le quali gli ebrei tengono abitualmente grandi banchetti con la famiglia allargata e gli amici.

Secondo le disposizioni dell'esecutivo, gli israeliani dovrebbero uscire solo per fare la spesa. Solo chi lavora in settori considerati essenziali può spostarsi e non ci si può allontanare al di là di 100 metri dal proprio domicilio. Vige il divieto di raduni di più di 10 persone; la distanza sociale da mantenere è stata fissata a due metri.

Non solo Israele

In Québec, Canada, circa 4mila membri di una comunità ebraica haredì è stat messa in quarantena dopo che una 15ina dei suoi membri - tornata da un viaggio a New York - è risultata positiva al Covid-19. Sui primi 40 test, quasi la metà sono risultati positivi: un risultato che le autorità hanno definito preoccupante, scrive l'agenzia AFP. Molti membri della comunità Tosh aveva partecipato ad una festa religiosa nello stato di New York, epicentro della pandemia negli Stati Uniti.

I Tosh non praticano la contraccezione, non ascoltano la radio né guardano la televisione. Famiglie con 10-12 bambini non sono un'eccezione. Il Québec è la provincia più colpita in Canada con 67 dei 92 morti e un terzo del totale dei contagiati (oltre 7mila persone).

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