La crisi idrica che infiamma la Bulgaria. Non è colpa del riscaldamento globale

I residenti di Pernik, cittadina industriale a pochi chilometri da Sofia, in Bulgaria, si sono riuniti questo sabato davanti alla sede del governo. Chiedono a gran voce che vengano prese urgenti misure, per affrontare quella che definiscono come una crisi umanitaria incombente. Da oltre due mesi, infatti, l'acqua in città - e in altri centri abitati - ha subito un drastico razionamento.
"Questa crisi è il risultato di continui furti. Questo è ciò che sta succedendo in tutto il Paese", spiega una manifestante. "Le risorse finanziarie e altre risorse sono a beneficio di persone specifiche. Questa crisi dell'acqua è inaccettabile e non si può dare la colpa al riscaldamento globale".
Per i dimostranti - che scendono in strada ormai da settimane - dietro la crisi idrica ci sarebbero corruzione e incompetenza.
L'acqua della diga sarebbe finita alle industrie
L'acqua della diga di Studena, infatti, sarebbe finita in due settimane, perché data deliberatamente alle strutture industriali. Una scelta di chi comanda che ha messo a repentaglio le forniture di acqua potabile per quasi 100.000 persone. E, secondo le stime, la penuria durerà almeno fino ad aprile.
A inizio gennaio, il ministro dell'ambiente bulgaro Neno Dimov si era dimesso, dopo essere stato accusato di "cattiva gestione deliberata" delle forniture d'acqua per la città. Il ministro avrebbe firmato le relazioni sui livelli allarmanti nel bacino idrico principale, senza modificare le priorità nella distrbuzione. In stato di arresto, in attesa di giudizio, Dimov rischia fino a otto anni di carcere, se dovesse essere ritenuto colpevole. L'opposizione in Parlamento ha presentato all'inizio di questa settimana una mozione, che accusa il governo di essere responsabile della crisi. La votazione si terrà mercoledì prossimo.