Queste tre donne hanno lasciato un segno indelebile alle Universiadi 2019 di Napoli

Atletica Leggera, lancio del disco premiazione Osakue Daisy medaglia d'oro - Stadio San Paolo, Napoli 9 Giugno 2019 - PHOTO POOL FOTOGRAFI UNIVERSIADE 2019
Atletica Leggera, lancio del disco premiazione Osakue Daisy medaglia d'oro - Stadio San Paolo, Napoli 9 Giugno 2019 - PHOTO POOL FOTOGRAFI UNIVERSIADE 2019
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Di Alessandro Cappelli
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Una tennista saudita, una sprinter indiana e una lanciatrice del disco italiana: tre storie che superano il confine dello sport e parlano di valori universali.

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Mentre le Universiadi di Napoli che volgono al termine, Euronews vi racconta la storia di tre donne che hanno lasciato una traccia indelebile su questa competizione - e non solo per meriti sportivi.

Layan Ragab, Arabia Saudita

"La 30a edizione delle Universiadi estive è un punto di svolta". Ne è sicura Layan Ragab, 18 anni, tennista dell'Arabia Saudita, una delle cinque atlete della delegazione saudita sul Golfo fino al 13 luglio.

Come darle torto. Fino a 10 anni fa, le donne saudite non potevano praticare alcuno sport, se non privatamente. Ora Layan rappresenta il proprio Paese a Napoli. Una vera e propria sliding door apertasi grazie alle politiche sportive volute dal principe Mohammed bin Salman, parte integrante del suo progetto Vision 2030 che punta a dare all'Arabia Saudita una nuova immagine internazionale di sé. Una mastodontica operazione di soft power, se vogliamo.

Tutto ha avuto inizio con il permesso concesso alle donne, nel 2018, di assistere ad eventi sportivi allo stadio da sole, anche se con diverse restrizioni.

Ora Layan si gode il suo primo evento internazionale. Nonostante la sconfitta per 6-0, 6-1 sul campo del Tennis Club Napoli, proprio sul lungomare, ammette che l'esperienza è stata grandiosa. "Questa volta più che mai partecipare è stato più importante del risultato. Si tratta del mio primo torneo all'estero e sono sicura che non sarà l'unico".

Ma Layan è consapevole che non tutti sono pronti al cambiamento, nel suo Paese: non solo tra gli uomini ma anche tra le stesse donne. "Ciononostante, per la mia generazione questi progressi sono importanti, li attendevamo. Vogliamo fare sport, viaggiare, conoscere altre culture e le altre atlete ci possono insegnare molto. È importante per crescere sia come sportiva che come persona".

La sua carriera è appena cominciata, avendo cominciato a giocare a tennis appena sei anni fa. Studia marketing all'università e sa che la racchetta potrà essere lo strumento con il quale potrà conoscere il mondo. La sua presenza qui è simbolo di qualcosa che va ben al di là delle righe che delimitano il campo da tennis.

Dutee Chand, India

Universiade Napoli 2019 Stadio San PaoloFinale 100m donne - Dutee Chand (IND) esulta dopo la vittoria - Foto Pool Universiade

Anche Dutee Chand, 23 anni, ha raggiunto un risultato storico per la sua carriera e per il suo Paese diventando la prima indiana a conquistare un oro nell'atletica femminile alle Universiadi.

Per il suo successo nei 100 metri si sono scomodati perfino il primo ministro indiano Narendra Modi e il Presidente Ram Nath Kovind, oltre a tanti colleghi come Sania Mirza, la più forte tennista indiana di sempre. Il cronometro ha fatto segnare 11.32, quanto è bastato per battere l'italiana Del Ponte (11.33) al fotofinish. Chand aveva già vinto la medaglia d'argento nei 100 metri ai Giochi Asiatici; il suo prossimo obiettivo sono i Giochi Olimpici del 2020.

Ma l'indiana non è solo un'atleta tra le più brave in patria: è anche un punto di riferimento della comunità per i diritti gay essendo stata la prima a rivelare di avere una relazione omosessuale.

"Essere innamorati non è un crimine", ha detto. Come ricorda, la decisione della Corte Suprema indiana del 2018 di depenalizzare il sesso gay le ha dato coraggio per fare outing e parlare pubblicamente della propria sessualità.

Il prezzo da pagare è stato alto: i suoi compaesani l'hanno ripudiata, nel villaggio. I genitori, due tessitori analfabeti, avrebbero voluto che Chand e i suoi sei fratelli e sorelle seguissero le loro orme anche se si sono resi conto che l'atletica leggera l'avrebbe portata più lontana. A 16 anni è entrata in un programma di allenamento federale ed è diventata rapidamente campionessa nazionale.

Prima di vincere sulla pista dello stadio San Paolo, Dutee ha dovuto combattere per affermare le proprie ragioni in un'aula di tribunale per ottenere di gareggiare tra le donne. Questo a causa dell'alto livello di ormoni androgeni nel suo corpo riscontrato nel 2014. Un fenomeno, conosciuto come iperandrogismo, che la accomuna alla campionessa del mondo degli 800 metri, la sudafricana Caster Semenya, che difende apertamente.

Ecco perché la sua vittoria per molte persone va al di là del semplice orgoglio patrio.

Nel suo curriculum vanta anche una partecipazione ai Giochi Olimpici di Rio 2016. Alla Universiadi è scesa di nuovo in pista per la batteria dei 200 metri chiudendo seconda a 4 centesimi dalla prima, la messicana Aguillon Ramos. "Non penso di poter competere per l'oro - dice - il mio obiettivo erano i 100, la gara principale per me. I 200 vengono dopo ma sono fiduciosa e combatterò, come in tutte le mie cose, per raggiungere la finale".

Daisy Osakue, Italia

Atletica Leggera, lancio del disco premiazione Osakue Daisy medaglia d'oro Stadio San Paolo, Napoli 9 Giugno 2019 PHOTO POOL FOTOGRAFI UNIVERSIADE 2019

Quella di Daisy Osakue nel lancio del disco è la prima medaglia dell'atletica azzurra alle Universiadi. La piemontese, che studia criminologia alla Angelo State University, in Texas, ha conquistato l'oro con il primato personale di 61,69, allungando la gittata di 34 centimetri rispetto al 61,35 che aveva realizzato nella stagione del college USA. Quella della pedana del San Paolo è la settima misura italiana di ogni epoca: le prime sei appartengono alla primatista nazionale Agnese Maffeis, con il picco del record di 63,66 che risale al 1996.

La 23enne torinese, al quinto turno di lanci, ha superato dalla prima piazza la quotata tedesca Claudine Vita (61,52) e ha supera per la seconda volta la misura richiesta per i Mondiali di Doha del prossimo autunno.

Nata a Torino da genitori nigeriani, la sua vittoria ha anche un valore simbolico. Solamente un anno fa, fu presa di mira da alcuni uomini che le lanciarono un uovo dall'auto colpendola ad un occhio, mettendone a repentaglio la vista. L'incidente l'ha quasi costretta a saltare il Campionato Europeo di Atletica Leggera di Berlino nel 2018 ma, 10 giorni dopo l'attacco, Osakue è riuscita a partecipare arrivando quinta.

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"So che sembrerà spiacevole, ma non mi piace parlare di quell'episodio, è qualcosa che mi irrita", le sue parole. "È il 2019, è successo nel 2018. Andiamo avanti".

Osakue è diventata nel frattempo una paladina dei diritti civili e dell'antirazzismo italiano. Rifiuta l'etichetta di "italiana di seconda generazione": "Mi sembra davvero sciocco che stiamo ancora parlando di queste cose - sono nata a Torino, non sono mai stata nel paese di origine dei miei genitori. Lì mi chiamerebbero straniera. Non ha senso farmi sentire così anche qui".

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