Intervista esclusiva a Junqueras: "Non mi pento di lottare per la democrazia in Catalogna"

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Di Ana LAZARO
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Dal carcere di Madrid in videoconferenza a Raw Questions

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Il leader indipendentista catalano Oriol Junqueras è ufficialmente candidato come presidente della Commissione europea, nonostante sia in carcere per la dichiarazione di indipendenza della Catalogna del 2017. E' accusato di ribellione, sedizione e malversazione di fondi, rischia fino a 25 anni di carcere. Ma si può presentare alle elezioni europee perché non c'è una sentenza definitiva che glielo vieta. Junqueras è capolista del suo partito Esquerra Republicana de Catalunya ed è il candidato principale del gruppo Alleanza Libera Europea che raggruppa diversi movimenti che sostengono la politica dell'indipendentismo. La commissione elettorale centrale, in via eccezionale, ha autorizzato questa intervista, che Raw Politics ha realizzato in videoconferenza dal carcere di Soto del Real, Madrid.

Vorrei iniziare chiedendole come sta. Qual è il suo stato d’animo dopo un anno e mezzo di misura cautelare in carcere?

Bene, spero che si veda dal mio sorriso, dal mio atteggiamento, dalle mie parole e dal mio tono, sto abbastanza bene. Certo sarei stato molto meglio se non fossi stato incarcerato ingiustamente con questa misura cautelare, perché sono assolutamente convinto che non ci sia nessuna ragione perché io stia qui in prigione, perché nulla di quello di cui sono accusato è nel codice penale.

Vedremo cosa stabilirà il tribunale dato che il processo è ancora in corso. Parliamo delle elezioni europee. Lei è il candidato per il Parlamento europeo. Vorrei sapere se Lei ha davvero un progetto per l’Europa o la sua candidatura è solo simbolica e serve a dare visibilità alla causa dell’indipendentismo catalano.

Noi siamo sempre stati e saremo sempre degli europeisti convinti. Ne è la prova il fatto che il nostro progetto politco è sempre stato un progetto che pensa all’Europa come a un soggetto sempre più forte, con istituzioni comuni sempre più forti, con un Parlamento europeo protagonista e con una maggiore capacità legislativa, con politiche per l’integrazione europea nella sfera economica, fiscale, sociale e culturale. Anche la nostra traiettoria nel Parlamento europeo lo dimostra, come lo dimostra il fatto che, per esempio, abbiamo sempre fatto parte del gruppo dei Verdi nel Parlamento europeo, che credo che sia, senza dubbio, il gruppo più convintamente europeista e federalista europeo.

Lei dice di essere europeista, ma allo stesso tempo vuole alzare una nuova frontiera in Europa. E questo non è visto bene nell’Unione europea. Il progetto indipendentista non ha avuto né l’appoggio delle istituzioni europee né quello degli Stati membri. Mi sembra un punto fondamentale questo…

La democrazia dovrebbe sempre ricevere l’appoggio dei democratici. E che i cittadini possano votare è un diritto fondamentale. Per questo siamo convinti che l’opinione dei cittadini, espressa con il voto, deve essere ascoltata in tutto il mondo. Siamo convinti che un’Europa più forte e più integrata è un’Europa sensibile al fatto che mentre noi difendiamo il diritto al voto, alcuni ordinano che i cittadini che vanno a votare siano picchiati con i manganelli. O mentre noi difendiamo il dialogo, l’accordo, ci rispondono mettendoci in carcere.

Lei è già stato eurodeputato in passato. Questo significa che conosce bene le istituzioni europee dall’interno. Come potete pensare che le istituzioni vi appoggeranno? Avete qualche segnale in questo senso? Perché altrimenti si potrebbe pensare che state ingannando i cittadini...

Quello che sicuramente è stato un inganno per i cittadini è che delle istituzioni apparentemente democratiche rispondono dando ordine di picchiare i cittadini che vanno a votare.

Smettiamo di guardare al passato e proiettiamoci verso il futuro. Il suo partito Esquerra Republicana de Catalunya ha avuto un buon risultato alle elezioni spagnole. Sembra che i socialisti di Pedro Sánchez andranno a governare a Madrid. E questo potrebbe essere magari una buona occasione per aprire un dialogo. E’ d’accordo?

Noi crediamo sempre che ci sia la possibilità di dialogare. Il dialogo, la civile convivenza, il rispetto reciproco, l’integrazione, l’inclusione... sono sempre degli elementi che tutti dobbiamo preservare. Per questo pensiamo che qualsiasi momento è buono per dialogare. Senza dubbio anche questo può esserlo. Ma in ogni caso dipenderà dal comportamento del governo spagnolo perché da parte nostra è evidente che siamo aperti al dialogo.

Ma quello che mi piacebbere sapere è quali saranno le linee rosse, da non superare, in caso di dialogo?

Noi non partiamo con l’idea di mettere linee rosse e neanche di firmare assegni in bianco. Noi vogliamo parlare, dialogare e spiegare la nostra posizione. Credo che sia imprescindibile per qualsiasi democrazia di sforzarsi ad ascoltare l’opinione di una forza maggioritaria, come è nel nostro caso in Catalogna. Allo stesso modo si devono ascoltare le forze maggioritarie in qualsiasi altro Paese d’Europa: in Danimarca o in Slovacchia o in Irlanda o in Filandia, ovunque sia... Quello che chiediamo è che la nostra voce venga ascoltata.

Rinuncerete alla via unilaterale?

Noi non possiamo rinunciare alla democrazia, sicuramente no, è impossibile rinunciare alla democrazia. Del resto, per non rinunciare alla democrazia siamo in carcere. E non smetteremo di difendere la democrazia e il diritto dei cittadini di votare e di difendere civilmente e pacificamente e democraticamente le loro posizioni. In ogni caso abbiamo sempre difeso un progetto multilaterale. Perché in ogni progetto politico rilevante c’è sempre una pluralità di soggetti... Richiede sempre la partecipazione di molte istituzioni distinte. E l’Europa ne è l’esempio. Abbiamo sempre chiesto appunto che le istituzioni europee partecipino a questo dialogo multilaterale.

Pedro Sánchez avrà bisogno dei vostri voti – o almeno della vostra astensione – per formare il governo. Sosterrete la sua investitura?

Abbiamo sempre detto che né in maniera attiva né in maniera passiva sosterremo un governo in cui partecipa l’estrema destra, per giunta una destra sempre più estrema.

Lei si presenta come un muro di contenimento dell’estrema destra. Però molti pensano che l’indipendentismo catalano è stata una delle cause che ha fatto guadagnare voti a Vox, un partito di estrema destra.

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Mi sembra una scusa molto debole, dato che saremmo allora responsabili anche della crescita dell’estrema destra in Danimarca, Finlandia, Ungheria, Francia o Italia.

Però adesso stiamo parlando della Spagna.

E’ chiaro che non possiamo essere responsabili di tutto questo.

Per concludere, si è pentito di aver organizzato il referendum per l’indipendenza, la dichiarazione di indipendenza? Si sente responsabile della frattura che esiste attualmente nella società catalana? In sostanza: lo farebbe di nuovo?

Mai, mai ci pentiremo di dare democraticamente voce ai cittadini. Mai ci pentiremo di difendere la democrazia. Come possiamo pentirci di difendere la demorazia. Lei si pente di difendere la democrazia?

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Non ha risposto alla mia domanda. Lo rifarebbe?

Sì certamente. Alcune volte mi sembra che Lei non capisca la mia risposta. O non mi spiego bene o forse il problema è che non Le dico quello che vorrebbe sentirsi dire.

Molte grazie Oriol Junqueras, candidato alle elezioni europee.

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