Le cose da sapere sul processo ai leader indipendentisti catalani

Le cose da sapere sul processo ai leader indipendentisti catalani
Diritti d'autore La Corte Suprema a Madrid. REUTERS/Susana Vera
Di Marta Rodriguez MartinezEfe, Redazione spagnola
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Vi spieghiamo chi è accusato, cosa rischia, quali sono le posizioni di accusa e difesa e il clima politico in cui si svolge un processo storico sia per la Spagna che per la regione catalana.

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Si svolge a Madrid martedì 12 febbraio la prima udienza del processo agli indipendentisti della Catalogna accusati di malversazione, sedizione e ribellione. Una causa senza precedenti nella storia democratica spagnola. 

Sono dodici i politici e i leader catalani alla sbarra, protagonisti del vano e convulso processo di indipendenza catalana culminato nel referendum dell'ottobre 2017. Se condannati, gli imputati – 9 di essi sono in carcere da 15 mesi – rischiano pene dai 17 ai 25 anni di reclusione. A Barcellona sono attese manifestazioni di solidarietà nei confronti dei politici a processo.

Chi sono gli imputati

In assenza dell'ex presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, il principale accusato è l'ex vicepresidente, Oriol Junqueras. Con lui si presenteranno davanti al giudici altri otto ex consiglieri del suo esecutivo, l'ex presidente del Parlamento catalano e i leader delle due principali organizzazioni sociali indipendentiste, l'Asamblea Nacional Catalana e Òmnium Cultural. Sette di loro non parteciperanno alle udienze essendo riparati all'estero per evitare le maglie della giustizia spagnola.

Di cosa li si accusa

Tutti sono stati accusati di aver partecipato attivamente al referendum, definito illegale, il cui fine ultimo era la secessione della regione catalana dalla Spagna dello scorso 1 ottobre 2017. Il 27 ottobre il Parlamento catalano ratificò la dichiarazione di indipendenza, altro punto al centro del processo. Il governo spagnolo rispose sospendendo immediatamente l'esecutivo catalano e convocò nuove elezioni regionali. 

Leggi anche: Tensioni con dialogo ad oltranza fra Madrid e la Catalogna

Dodici degli imputati rischiano pene detentive altissime. Junqueras, identificato come il capo dei rivoltosi in assenza dell’ex presidente Carles Puigdemont, la peggiore: il pubblico ministero chiede 25 anni per ribellione e l’avvocatura dello stato, che ha declassato il reato a sedizione, 12 anni. Per gli altri si oscilla tra i 17 anni chiesti dalla procura per Jordi Cuixart, Jordi Sànchez e Carme Forcadell e i 16 anni per gli altri componenti del governo catalano – Joaquim Forn, Jordi Turull, Josep Rull, Raul Romeva e Dolors Bassa – e i sette anni per disobbedienza e appropriazione indebita chiesti per gli ex consiglieri Santi Vila, Carles Mundó e Meritxell Borràs. 

Cos'è il delitto di ribellione, in Spagna

Il reato di ribellione è contemplato dall'articolo 472 del codice penale spagnolo e stabilisce che "chi si solleva violentemente e pubblicamente si rende colpevole del reato di ribellione" al fine, tra l'altro, di "dichiarare l'indipendenza di una parte del territorio nazionale".

Si tratta di un reato grave ma l'ultima volta che è stata comminata una pena per questo illecito fu il 22 aprile 1983 nei confronti di chi cospirò per il colpo di Stato del 23 febbraio 1983. Tra questi, il principale ideologo e istigatore, il tenente colonnello Antonio Tejero: fu condannato a 30 anni di prigione, pena aggravata dal suo essere militare.

L'accusa

Nel corso delle indagini, l'accusa (il pm, l'avvocatura dello stato e quella privata presentata dal partito di estrema destra Vox) ha descritto i fatti contestati agli imputati come "ribellione". Tuttavia, nell'ultima fase del processo, la Procura dello Stato ha cambiato linea cambiando il capo d'accusa da "ribellione" a "sedizione", un crimine che prevede una pena più bassa. La differenza sta nell'uso della "violenza".

La difesa

Gli imputati si concentrano sulla difesa della loro innocenza, e negli scritti difensivi emergono due argomenti: primo, che, al contrario di quello che dice l’accusa, non c’è stata violenza, e quindi non si può parlare di ribellione. E che, se violenza c’è stata, è stata solo nella repressione della polizia. Il secondo argomento è che indire un referendum non è più un crimine dal 2005, quando José Luis Rodríguez Zapatero lo ha rimosso dal codice penale.

Quali testimoni deporranno al processo?

Tra i testimoni del caso ci sono le figure più rilevanti del gabinetto di Mariano Rajoy, dimessosi dopo una mozione di sfiducia nel giugno scorso. Non esiste ancora un calendario stabilito, ma Rajoy, il suo ex vicepresidente Soraya Sáenz de Santamaría e il suo ex ministro del Tesoro, Cristóbal Montoro, si presenteranno di fronte alla Corte Suprema.

Sono citati. tra gli altri, anche il sindaco di Barcellona, Ada Colau e l'ex capo dei Mossos, Josep Lluís Trapero.

Chi sono i giudici?

La corte è composta da sette giudici presieduti dal magistrato Manuel Marchena, considerato un conservatore. Responsabile della stesura della sentenza, il suo voto non varrà più di quello dei suoi sei colleghi: Andrés Martínez Arrieta, Ana Ferrer, Luciano Varela, Andrés Palomo, Juan Ramón Berdugo e Antonio del Mora.

I media spagnoli ritengono che tre di essi si possano ascrivere ad una corrente di pensiero progressista, mentre tre di loro sarebbero più conservatori. 

Quanto può durare il processo?

La durata prevista è di tre mesi: le udienze si terranno per tre giorni alla settimana, dal martedì al giovedì, mattina e pomeriggio.

Un procedimento al centro dell'attenzione mediatica

Si tratta di un processo molto atteso non solo in Catalogna ma anche dai media internazionali. Sono più di 600 i giornalisti accreditati per 170 testate, 50 delle quali straniere. Provengono principalmente da Germania e Francia, ma anche da Stati Uniti, Russia e Cina.

Quale il contesto politico in cui si celebra?

Il processo si svolge nel bel mezzo di una tempesta politica: i partiti di destra PP e Ciudadanos protestano contro il governo socialista e a loro si aggiunge l'estrema destra Vox, che descrive come "tradimento" la posizione del presidente spagnolo Pedro Sánchez colpevole, a detta del movimento, di aver tentato un dialogo politico con i secessionisti catalani.

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