Rapporto di Msf: almeno 6700 Rohingya uccisi nel Myanmar in un mese

Rapporto di Msf: almeno 6700 Rohingya uccisi nel Myanmar in un mese
Diritti d'autore 
Di Euronews
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button
Copia e incolla il codice embed del video qui sotto:Copy to clipboardCopied

L'organizzazione umanitaria ha condotto un'indagine fra i rifugiati nel Bangladesh. Il numero di Rohingya uccisi dai soldati birmani potrebbe essere molto più alto, spiega Msf.

PUBBLICITÀ

Almeno 6700 Rohingya sono stati uccisi nello Stato di Rhakine, nel Myanmar, soltanto nel primo mese di violenze fra fine agosto e fine settembre. Lo afferma Medici Senza Frontiere che ha condotto un'indagine fra i rifugiati nel Bangladesh.

La maggior parte dei Rohingya è stata uccisa con colpi d'arma da fuoco, altri sono stati bruciati vivi nelle loro case, altri ancora pestati a morte. Il numero delle vittime è probabilmente sottostimato perché l'indagine non comprende le famiglie che non sono riuscite a fuggire e non copre tutti i campi profughi, ha spiegato l'organizzazione umanitaria.

Fra le tante testimonianze quella di Rashida, 25 anni: racconta che i militari birmani hanno diviso le donne in gruppi, hanno ucciso suo figlio davanti ai suoi occhi e l'hanno violentata. Poi hanno cominciato a ferirle con coltelli, hanno ucciso tutte mentre lei si è salvata perché ha finto di essere morta e si è poi nascosta nei campi. I soldati hanno dato fuoco all'intero villaggio.

Di recente Amnesty International ha affermato che nel Myanmar i Rohingya vivono una situazione di "apartheid". Circa 640.000 di loro si sono rifugiati nel Bangladesh dove vivono in enormi campi in condizioni malsane. Il loro rimpatrio, oggetto di un accordo fra i due Paesi, non è considerato possibile dall'Onu perché non sarebbe "sicuro e duraturo".

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

Rohingya: in Indonesia riprendono gli sbarchi

Rohingya: raggiunto l'accordo per il ritorno dei profughi in Myanmar

Myanmar: presto in libertà due giornalisti imprigionati