Oggi, ieri (e domani?): la pena di morte tra presente e passato

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40 anni fa l'ultima esecuzione in Francia. Ma nelle coscienze e nei fatti, la pena capitale è dura a morire

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#Condannati a morte

Il 10 settembre 1977 a Marsiglia viene utilizzata per l’ultima volta nella storia la ghigliottina. Sarà anche l’ultima esecuzione capitale in Europa. Nel nostro speciale che celebra il 40° anniversario dell’evento, riviviamo la storia della pena di morte, in Italia, nel Mondo. Nel passato e nel presente, con i commenti e le analisi degli esperti.

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L’ultima ghigliottina

Marsiglia, 10 settembre del 1977. Sono le 4.40 del mattino, nel cortile del carcere delle Baumettes il boia Marcel Chevalier aziona la ghigliottina per l’ultima volta. Nel mondo. Il tunisino Hamida Djandoubi, 28 anni, condannato a morte, si è visto respingere la richiesta di grazia la sera prima, con una lettera recapitata agli avvocati, che vengono avvisati così da poter assistere all’esecuzione.

Dopo quest’esecuzione altri dieci criminali saranno condannati alla pena capitale in Francia, ma nessuna sarà eseguita. In alcuni casi la sentenza è stata rivista in Cassazione, in altri è intervenuta la grazia presidenziale.

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Nel 2016 più condanne a morte ma meno esecuzioni

Nel 2016 l’uso globale della pena di morte è diminuito, stando all’ultimo rapporto di Amnesty international . Anche se è aumentato il numero delle sentenze capitali.

Secondo l’Ong rispetto al 2015 c‘è stato un calo del 37% del numero di esecuzioni, almeno 1032 persone sono state messe a morte.

Ad oggi, almeno 140 Paesi nel mondo hanno abolito la pena di morte, mentre le esecuzioni capitali continuano ad aumentare in Cina, Iran, Arabia Saudita, Iraq e Pakistan.

L’Iran è responsabile del 55% di tutte le esecuzioni registrate; insieme ad Arabia Saudita, Iraq e Pakistan ha eseguito l’87% di tutte le sentenze capitali registrate lo scorso anno.

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L’Italia e la pena di morte

142 gli anni che sono serviti per arrivare alla piena abolizione della pena di morte in Italia. Un percorso travagliato che va dal dal 13 marzo del 1865, quando per la prima volta la Camera dei Deputati votò per la moratoria, al 2007, anno in cui una legge costituzionale ha cancellato l’ultimo accenno alle esecuzioni nell’ordinamento italiano.

“Non si può insegnare a un popolo a ripudiare l’omicidio, se lo Stato stesso ne fa uso”: così scriveva nel 1764 Cesare Beccaria, nel suo opuscolo dal titolo Dei delitti e delle pene. Coraggiosa denuncia dell’arbitrio imperante delle monarchie assolute.

Nel 1876 il Granducato di Toscana, sotto il regno di Pietro Leopoldo Asburgo Lorena, fu il primo Stato al mondo ad abolire la pena di morte.

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GLI ESPERTI

Una legittima vendetta di Stato?

breve intervista a Paola Gaeta, docente di Diritto internazionale presso il Graduate Institute of International and Development Studies di Ginevra

“Lo Stato si sostituisce in qualche modo alla vendetta privata, per questo la pena di morte è considerata in alcune democrazie come un utile strumento deterrente, lo Stato protegge e restituisce il male sofferto”: così Paola Gaeta, professoressa di Diritto internazionale presso il Graduate Institute of International and Development Studies di Ginevra, spiega ai microfoni di euronews il principio giuridico e filosofico usato dai fautori della pena di morte.

I contrari “insistono molto di più sulla funzione preventiva della pena che è quella di dissuadere dalla conduzione di futuri reati secondo il principio che la persona debba essere sempre rispettata, qualunque sia il crimine commesso, e riabilitata”.

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I giovani italiani sedotti dalla pena di morte

Il commento di Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio “Generazione Proteo”

Solo un giovane su tre in Italia è convintamente contrario alla pena di morte: è una delle conclusioni a cui è arrivata la ricerca realizzata dall’Osservatorio “Generazione Proteo” della Link Campus University di Roma che ha coinvolto 30mila studenti italiani fra i 17 e i 19 anni, al quarto e quinto anno delle scuole superiori.

Tra i dati più eclatanti dello studio c‘è il numero dei favorevoli nei confronti della pena di morte (31,7%).

“È un dato a mio avviso particolarmente allarmante perché si inserisce all’interno di un clima, quale quello sociale che i giovani in modo particolare vivono e subiscono, di incertezza, di paura al quale si reagisce con modelli di intervento forti e radicali”, commenta il prof. Ferrigni.

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