Le "purghe" di Erdoğan

Le "purghe" di Erdoğan
Di Debora Gandini
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Dopo il fallito colpo di stato, il Presidente Erdoğan dichiara: "I colpevoli saranno puniti. Non ci saranno sconti per nessuno."

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Cancellare ogni prova del fallito golpe di venerdì sera. In tutta la Turchia, a partire da Ankara. Dalle strade ai palazzi delle istituzioni. Non si ferma il repulisti del presidente Recep Tayyip Erdoğan che del resto l’aveva annunciato già la notte stessa del tentato colpo di stato: i colpevoli saranno puniti. Non ci saranno sconti per nessuno.

Un appello al popolo che è risuonato subito come una minaccia attraverso proprio quei social network, banditi più volte dallo stesso presidente. Detto-fatto. Le purghe delle autorità turche non stanno risparmiando nessuno. Dai vertici militari agli agenti di polizia. Senza contare l’annuncio di un possibile ripristino della pena di morte per chi commette atti di tradimento nei confronti dello Stato.

“Fratelli, lo Stato e il governo ha ascoltato la vostra richiesta; non possiamo ignorare la vostra pretesa. In democrazia quello che la gente domanda e chiede deve essere fatto”, ha dichiarato lo stesso Erdoğan parlando a migliaia di sostenitori scesi in piazza per i funerali di alcune vittime degli scontri del 15 luglio.

Intanto sono quasi 9 mila i dipendenti del ministero dell’Interno sollevati dai loro incarichi e finiti in carcere. Manette per agenti di polizia, prefetti, gendarmi, governatori di distretti provinciali, generali, alti funzionari dello Stato. E anche uomini un tempo considerati i fedelissimi di Erdoğan. Compreso Akin Ozturk, comandante delle forze aeree turche.

Una lista lunga quanto forte ora è la determinazione di Erdoğan di vendicarsi di chi ha tentato di metterlo alla porta. E nel mirino è finito anche Bekir Ercan Van, un alto generale della base aerea Nato di Incirlik nel sud del paese. Base chiusa lo scorso venerdì notte e ora riaperta. La postazione è altamente strategica e da tempo viene impiegata dagli Stati Uniti e dalla Coalizione per i raid e le missioni contro gli jihadisti dell’ISIL in Siria.

Un pugno di ferro che non ha risparmiato neppure la magistratura. Oltre 700 i giudici rimossi e finiti in manette. Senza contare il giro di vite anche per il diritto di espatrio. I dipendenti pubblici potranno uscire dal paese solo con permessi speciali. Purghe che iniziano a preoccupare la comunità internazionale. Per l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Federica Mogherini un’eventuale reintroduzione della pena di morte in Turchia significherebbe la fine delle trattative per l’ingresso nell’Unione europea.

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