Gli Stati Uniti hanno effettuato i tagli più consistenti, ma anche il Regno Unito, la Germania e la Francia hanno ridotto gli aiuti sanitari globali quest'anno
Nel 2025 la spesa sanitaria globale destinata ai Paesi a basso reddito è precipitata al livello più basso degli ultimi 15 anni, con un calo che minaccia seriamente anni di progressi contro malattie e povertà.
A lanciare l’allarme è l’Institute for health metrics and evaluation (Ihme), autore di un rapporto che fotografa una situazione critica: gli aiuti sanitari internazionali sono passati da un picco di 80,3 miliardi di dollari nel 2021 a 38,4 miliardi nel 2025, segnando un crollo del 52 per cento. Se la tendenza continuerà, si scenderà a 36 miliardi entro il 2030.
Il calo degli aiuti, avvertono i ricercatori, mette a rischio la lotta a Hiv/Aids, malaria e tubercolosi, compromette l’accesso all’assistenza materna e pediatrica e aggrava l’insicurezza alimentare e idrica, in particolare in Africa subsahariana, dove il taglio degli aiuti è già del 25 per cento rispetto al 2024.
“La drastica e brusca riduzione degli aiuti sanitari globali potrebbe compromettere i progressi raggiunti a livello mondiale nel campo della salute”, ha dichiarato Angela Apeagyei, ricercatrice Ihme e autrice principale dello studio.
Il peso dei tagli statunitensi
Il principale responsabile del calo è il taglio dei fondi da parte degli Stati Uniti, storicamente il primo finanziatore globale nel settore sanitario. Washington ha ridotto del 67 per cento la propria assistenza sanitaria all’estero rispetto al 2024, includendo la proposta di cancellazione dei fondi per Usaid, Pepfar (il piano americano per l’Aids) e i finanziamenti a Gavi, l'alleanza globale per i vaccini.
Anche altri grandi donatori come Regno Unito, Germania e Francia hanno ridotto la spesa, destinando più fondi alla difesa o per questioni interne. La Francia, in particolare, ha motivato i tagli con preoccupazioni sulla gestione dei fondi da parte dei beneficiari.
Poche eccezioni positive
Nel panorama generale dominato dai tagli, Australia, Giappone e Corea del Sud hanno aumentato leggermente i propri aiuti, mentre Canada, Cina ed Emirati Arabi Uniti hanno mantenuto invariato il livello di finanziamenti.
Ma, secondo l’Ihme, questi aumenti non sono sufficienti a colmare il vuoto lasciato dalle riduzioni di spesa dei principali Paesi donatori.
Con il 2030 alle porte, e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu sempre più lontani, il rapporto dell’Ihme lancia un appello alla responsabilità politica e finanziaria delle potenze mondiali, ricordando che tagliare sulla salute globale significa mettere a rischio milioni di vite e vanificare decenni di progressi.