I leader di Stati Uniti, Cina e India, i tre maggiori inquinatori del mondo, non parteciperanno alla Cop30 in Brasile. L'Unione europea promette di rimanere impegnata ma deve affrontare ostacoli finanziari
La Cop30 si apre a Belém, in Brasile, in un clima di crescente incertezza politica e di rallentamento della cooperazione internazionale sul cambiamento climatico. Mentre i leader europei arrivano per discutere di riduzione delle emissioni e finanziamenti ai Paesi vulnerabili, i tre maggiori inquinatori del pianeta – Stati Uniti, Cina e India – non saranno presenti con le loro massime autorità.
Pechino sarà rappresentata dal vicepremier Ding Xuexiang, Nuova Delhi dal proprio ambasciatore in Brasile, mentre Washington non ha inviato alcun delegato. L’assenza statunitense non sorprende: dopo il ritiro dall’Accordo di Parigi, ricorrono dieci anni dall’obiettivo di contenere il riscaldamento sotto 1,5°C.
Secondo dati 2024 del Centro comune di ricerca dell’Ue, Cina, Stati Uniti e India sono responsabili di quasi il 50 per cento delle emissioni globali. L’Unione europea contribuisce per appena il 5,9 per cento. Questo squilibrio rende evidente quanto la lotta climatica sia sbilanciata sul piano politico e finanziario.
L’Ue tra impegni climatici e nuove priorità geopolitiche
L’Europa rischia di sostenere quasi da sola il peso del finanziamento climatico verso il Sud globale. Nel 2024 Ue e Stati membri hanno mobilitato 42,7 miliardi di euro tra finanziamenti pubblici e privati. Ma le richieste dei Paesi in via di sviluppo sono molto più alte: dopo la Cop29, la domanda ufficiale è salita a 1,3 trilioni di dollari all’anno.
“Belém deve fornire un piano concreto. È ora che paghino di più i responsabili dell’inquinamento”, ha scritto su X il think-tank Power Shift Africa.
La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha ribadito che la Cop30 deve produrre risultati tangibili per le nazioni più esposte agli impatti climatici. Attraverso l’iniziativa Global Gateway, Bruxelles punta a mobilitare investimenti nella transizione energetica e nelle infrastrutture verdi nei Paesi in via di sviluppo.
Il commissario europeo per l’Azione climatica Wopke Hoekstra ha ricordato quanto sia necessario un contributo globale: “L’Europa rappresenta solo il 6 per cento delle emissioni mondiali. Gli altri devono fare la loro parte”.
Tra urgenza scientifica e scetticismo politico
Il vertice arriva in un momento di tensione tra l’urgenza indicata dagli scienziati e lo scetticismo crescente in parte dell’opinione pubblica e della politica europea. Gli esperti ricordano che senza interventi rapidi non sarà possibile limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C.
Ma alcuni politici dell’UE accusano i vertici Onu sul clima di essere diventati strumenti di pressione economica. Il deputato europeo Roman Haider ha criticato duramente la strategia climatica del blocco: “I vertici Cop sono un bancomat globale che drena risorse dai contribuenti europei, mentre Cina e India restano a guardare”.
Dalla parte opposta, gli ambientalisti difendono con forza il ruolo della Cop30. Chiara Martinelli, direttrice di Climate Action Network Europe, chiede all’Ue leadership e determinazione: “Il multilateralismo può ancora garantire giustizia climatica e stabilità. Serve un pacchetto ambizioso che ricostruisca la fiducia”.
L’assenza dei maggiori emettitori mette la Cop30 davanti a un interrogativo cruciale: può l’Europa, da sola, sostenere la transizione climatica globale? Belém potrebbe diventare la Cop della svolta – oppure segnare un passo indietro nella più importante sfida del secolo.