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Perché gli europei credono ancora che un accordo sul nucleare con l'Iran sia possibile

 Una bandiera nazionale iraniana sventola davanti all'edificio dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica a Vienna, in Austria
Una bandiera nazionale iraniana sventola davanti all'edificio dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica a Vienna, in Austria Diritti d'autore  Michael Gruber/Copyright 2021 The AP. All rights reserved.
Diritti d'autore Michael Gruber/Copyright 2021 The AP. All rights reserved.
Di Sergio Cantone & Andrea Barolini
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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L'Europa intende usare la diplomazia per evitare una guerra totale tra Israele e Iran. Venerdì, alcuni dei più importanti diplomatici del continente incontreranno i rappresentanti iraniani a Ginevra per stemperare le tensioni

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L'Europa spera ancora che la diplomazia possa evitare la minaccia di una guerra totale in Medio Oriente, visti i timori su un possibile allargamento del conflitto tra Israele e Iran all'intera regione. I ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito, insieme al capo della politica estera dell'Ue Kaja Kallas, hanno per questo organizzato un momento di confronto con una delegazione iraniana previsto questo venerdì a Ginevra, in Svizzera.

Il tentativo negoziale di Ginevra

L'incontro mira a tentare di avviare una de-escalation tra le due potenze mediorientali, dopo la decisione di Israele di attaccare l'Iran, uccidendo alcuni dei suoi alti ufficiali militari, a partire da venerdì 13 giugno. L'idea è di creare una sorta di ponte tra Tel Aviv, Teheran e Washington, ristabilendo un dialogo sulla sicurezza con Teheran, simile a quello interrotto nel 2018 quando la prima amministrazione Trump si è ritirata unilateralmente dall'accordo sul nucleare iraniano, il Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa).

Quest'ultimo, firmato dall'Iran insieme a Cina, Ue, Francia, Germania, Russia e Regno Unito nel 2015, prevedeva un alleggerimento delle sanzioni occidentali contro il Paese mediorientale in cambio dell'impegno di Teheran a ridurre drasticamente le scorte di uranio e le centrifughe nei suoi impianti nucleari. Gli stessi che ora sono bersaglio di attacchi missilistici israeliani, compresi quelli di Natanz e Isfahan.

L'Iran ammonisce: "No a dialogo con Washington finché Israele non cesserà gli attacchi"

Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, interverrà nel pomeriggio al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, prima di parlare con i suoi omologhi francese, tedesco, russo e britannico. Il capo della diplomazia della Repubblica islamica ha però avvertito che nessun negoziato potrà coinvolgere anche gli Stati Uniti "finché proseguirà l'aggressione di Israele”. Ciò poiché per l'Iran, Washington è "complice del crimine di Tel Aviv".

Le autorità iraniane intanto hanno svelato un tentativo di assassinio dello stesso Araghchi, sventato nei giorni scorsi. A dichiararlo è stato il consigliere del ministro Mohammad Hossein Ranjbaran che ha parlato di un progetto orchestrato da Israele contro di lui: “Grazie a Dio, lo abbiamo sventato".

Da parte sua, la Francia ha fatto sapere che sul nucleare di Teheran "la sola via possibile è quella diplomatica", come indicato dal portavoce del ministro degli Esteri Christophe Lemoine in un'intervista concessa all'emittente CNews. La diplomazia transalpina ha parlato con quella statunitense, nella persona del segretario di Stato Marco Rubio, e da ciò che è trapelato Washington si sarebbe detta pronta a un contatto diretto con Teheran.

Dello stesso avviso il ministro degli esteri britannico David Lammy, che ha esortato sfruttare la "finestra diplomatica" che si è aperta per poter risolvere la crisi in Medio oriente.

”È giunto il momento di fermare l'escalation", ha dichiarato. Dopo un incontro a Washington con il segretario di Stato Marco Rubio e con l'inviato speciale per il Medio Oriente degli Usa Steve Wirkoff, il membro del governo di Londra ha poi ribadito che "l'Iran non dovrà mai avere a disposizione armi nucleari”.

Lo stesso Lammy a confermato la volontà del presidente americano Donald Trump di mantenere aperta una finestra diplomatica per due settimane al fine di tentare la via di una soluzione pacifica.

I rappresentanti delle nazioni che negoziarono il Jcpoa
I rappresentanti delle nazioni che negoziarono il Jcpoa Carlos Barria/AP

Un lungo lavoro diplomatico sull'Iran vanificato

La decisione della prima amministrazione Trump nel 2018 arrivò nonostante l'Agenzia Internazionale per l'energia avesse affermato che Teheran stava effettivamente adottando in modo progressivo le restrizioni richieste dall'accordo. Il ritiro degli Stati Uniti vanificò però gli sforzi diplomatici fino a quel punto compiuti, che rappresentavano anche uno dei principali risultati della politica estera europea.

David Rigoulet-Roze, autore e ricercatore associato presso l'Iris, un istituto francese di ricerca sulla politica estera, ritiene che la cancellazione dell'accordo sul nucleare iraniano del 2015 sia stata un atto affrettato.

"L'accordo aveva il merito, nonostante tutte le sue imperfezioni, di esistere, di servire come base, anche per l'eventuale successiva rinegoziazione di qualcosa di più vincolante. Anche se gli europei non avevano il controllo del processo", ha detto Rigoulet-Roze.

L'Iran ha aderito al trattato di non proliferazione nucleare e accetta le ispezioni delle Nazioni Unite

L'accordo ha rappresentato anche un'opportunità per l'Ue di riaprire le relazioni commerciali con l'Iran dopo decenni di sanzioni statunitensi e occidentali contro la Repubblica islamica. Tuttavia, dopo la fine del Jcopa, Teheran ha puntato il dito anche contro l'Ue per il fallimento dell'accordo.

"Lo ha fatto un po' a torto, perché ovviamente non abbiamo provocato noi la cancellazione dell'accordo e abbiamo anche subito le conseguenze della cosiddetta extraterritorialità della legge americana", sottolinea Rigoulet-Roze.

Il ricercatore sottolinea la capacità degli Stati Uniti di imporre sanzioni su scala globale, in particolare sanzioni secondarie, "che sono incisive e che hanno ovviamente frenato il desiderio dell'Europa di sviluppare le relazioni commerciali autorizzate dopo il 2015".

L'Iran ha aderito al trattato di non proliferazione nucleare fin dai tempi dello scià Reza Pahlavi, che è stato il fondatore originario del programma nucleare iraniano. Pertanto, Teheran è stata obbligata ad aprire i suoi siti alle ispezioni delle agenzie delle Nazioni Unite.

Ciò ha motivato Bruxelles a trattare l'Iran come un attore potenzialmente razionale, nonostante alcune decisioni sconcertanti e la scarsa trasparenza riguardo al suo programma nucleare.

Le politiche di riarmo di Teheran e il rapporto con Hamas, Hezbollah e Houti

Anni fa, Teheran aveva posto fine alla produzione di uranio altamente arricchito, ma ha continuato a sviluppare le proprie capacità balistiche convenzionali militari e a finanziare i proxy mediorientali, tra cui Hamas a Gaza, Hezbollah in Libano e gli Houthi nello Yemen.

"Per gli iraniani si trattava di una questione di orgoglio nazionale. Quindi non credo che, a posteriori, avessero mai pianificato di negoziare", ha dichiarato a Euronews Robert Cooper, diplomatico e consulente britannico di alto livello.

Una forza nucleare strategica, ha aggiunto Cooper, "li avrebbe contraddistinti come una delle potenze più importanti del Medio Oriente. E come potenza internazionale anche al di là del Medio Oriente".

Il programma nucleare iraniano e l'esistenza di attrezzature per l'arricchimento dell'uranio e di impianti per l'acqua pesante furono resi ufficialmente pubblici dall'allora presidente Mohammad Khatami, un riformista che convinse Francia, Germania e Regno Unito a raggiungere un accordo che doveva obbligare Teheran a fermare l'arricchimento dell'uranio.

Javier Solana, all'epoca capo della politica estera e di sicurezza dell'Ue, partecipò ai negoziati a Teheran. Il diplomatico spagnolo è stato uno dei principali artefici dell'accordo, convinto che un'intesa fosse meglio di un conflitto e che l'Ue fosse la più adatta a mediare.

"Solana era affascinato dall'Iran e noi avevamo una certa ammirazione per questo Paese. Il nostro obiettivo all'epoca era di convincere gli iraniani che un programma nucleare militare li avrebbe resi un bersaglio", ha concluso Cooper.

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