A 18 anni dal delitto di Chiara Poggi, nel paese in provincia di Pavia, nuove indagini hanno fatto riaprire il caso dopo la condanna definitiva di Stasi. Ora il nuovo indagato è Andrea Sempio,tra gli indizi a suo carico l'impronta di una mano e il Dna ritrovato sotto le unghie della vittima
Andrea Sempio, il nuovo sospettato per il delitto di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco nel 2007, non si è presentato martedì davanti agli investigatori.
Negli ultimi giorni gli inquirenti hanno riaperto il clamoroso caso di cronaca che finora ha visto l'ex fidanzato della ragazza, Alberto Stasi, unico condannato in via definitiva. Stasi è al momento in regime di semi-libertà e ha quasi finito di scontare la pena di 16 anni nel carcere di Bollate.
Sempio, un amico del fratello della vittima, Marco, è stato collocato dagli inquirenti sulla scena dell'omicidio grazie alle più moderne tecniche di rilevazione del Dna, che hanno collegato Sempio al "reperto numero 33", l'impronta di una mano raccolta diciotto anni fa dal Ris.
La riapertura delle indagini: chi è Andrea Sempio, l'amico di Marco Poggi
Numerosi errori furono commessi dagli inquirenti nei primi rilievi sulla scena del crimine. Questa consapevolezza, insieme ai progressi tecnologici compiuti in 18 anni dal delitto, avrebbero probabilmente spinto la procura di Pavia a riaprire il caso per cui Stasi, oggi 41enne, si è sempre dichiarato innocente.
Un nuovo esame del Dna ritrovato sotto le unghie di Chiara Poggi ha spostato l'attenzione su Sempio lo scorso marzo. In passato i rilievi avevano evidenziato la presenza di marcatori genetici maschili non riconducibili a Stasi ma a ignoti. Le tracce non erano state ritenute identificabili a causa della scarsa quantità di materiale genetico disponibile.
Nel 2016 i legali di Stasi avevano chiesto la riapertura del caso, sostenendo che la prova genetica era in realtà analizzabile e che apparteneva a Sempio. Lo scorso marzo il Dna di Sempio è risultato compatibile con le tracce genetiche ritrovate sotto le unghie.
Secondo la difesa il ritrovamento sotto le unghie di Chiara sarebbe giustificato dall'assidua presenza di Sempio in casa Poggi, che avrebbe avuto accesso anche al pc di famiglia e questo spiegherebbe il trasferimento del materiale genetico.
Martedì a gettare nuove ombre sull'eventuale presenza di Sempio sulla scena del crimine è il reperto 33, l'impronta di una mano ora ricondotta all'amico di Marco Poggi. Sono diverse, però, le impronte ritrovate sul muro adiacente alle scale che portano nella cantina dove è stato trovato il corpo della vittima. Ci sarebbero anche tracce lasciate dal fratello e da un carabiniere.
Per gli investigatori è al momento impossibile stabilire la presenza di tracce ematiche sull'impronta. Secondo l'avvocata di Sempio, Angela Taccia, all'epoca l'indagato frequentava "ogni angolo della casa, tranne la camera da letto dei genitori di Chiara e di Marco", e questo per la difesa giustificherebbe l'impronta vicino al corpo della vittima.
L'alibi di Sempio e le telefonate alla villa dei Poggi
Al vaglio degli inquirenti anche le tre telefonate effettuate da Sempio a Casa Poggi nei giorni antecedenti al delitto. Secondo l'indagato sarebbe stato un tentativo di rintracciare Marco Poggi, in quei giorni in vacanza con la famiglia in Trentino. Ma, la sera prima della partenza di Marco, Sempio si trovava con lui. Per gli investigatori risulterebbe quindi poco probabile che Sempio non fosse a conoscenza del viaggio dell'amico.
Anche l'alibi di Sempio è sotto la lente dell'accusa. L'uomo aveva detto di trovarsi a Vigevano la mattina dell'omicidio, adducendo come prova uno scontrino del parcheggio di Sant'Ambrogio, con ora di inizio 10:18. Lo scontrino venne ritrovato una settimana dopo dalla madre ma fu consegnato solo un anno dopo agli inquirenti. Nel giorno dell'omocidio inoltre il telefono del nuovo sospetto si agganciava alla cella di Garlasco e non a quella di Vigevano.
Tuttavia il consulente dei Poggi, l'ingegnere Paolo Reale, ha dichiarato che la cella che copre la scena del crimine "copre l'intero abitato fin oltre i confini comunali: in base alle intensità di segnale indicate da Vodafone,** le zone di ricezione arrivano in tutta la zona". In altre parole avrebbe potuto agganciarsi anche a un cellulare a Vigevano.
Le nuove indagini si concentrano anche sulla personalità del nuovo indagato. Ad attirare l'attenzione, in particolare, alcuni fogli scritti a penna, buttati e recuperati nella spazzatura dagli inquirenti in appostamenti notturni. "Ho fatto cose talmente brutte che nessuno può immaginare", avrebbe scritto il 37enne senza però nessun riferimento al delitto.
Un segnale che comunque gli investigatori considerano da non sottovalutare.
Gli altri possibili protagonisti della vicenda di Garlasco: le gemelle Cappa
Con la riapertura delle indagini e la conseguente attenzione mediatica sul caso, si è tornato a parlare anche delle cugine gemelle di Chiara Poggi, Stefania e Paola Cappa, interrogate dagli inquirenti all'epoca del delitto ma mai indagate formalmente.
Un presunto testimone, un dipendente dell'Asm di Vigevano Marco Demontis Muschitta, a più di un mese del delitto si presentò davanti agli investigatori affermando di aver visto, tra le 9:25 e le 9:45, la cugina bionda di Chiara (Stefania) in bicicletta su via Pavia, che incrocia la via dove si trova la villa dei Poggi, con un pesante attrezzo da camino nella mano destra. Muschitta ritrattò e venne ritenuto nel processo di primo grado nel 2009 inattendibile.
Nelle scorse settimane un "supertestimone" ha rilasciato una dichiarazione al programma Le Iene, in cui afferma di aver incontrato in ospedale una donna di Tromello, paese a cinque chilometri da Garlasco in cui abitava la nonna delle gemelle Cappa, che gli ha riferito di aver visto Stefania entrare, agitata, in casa della nonna con in mano un borsone e di aver sentito un tonfo riconducibile a un oggetto gettato nel canale. I testimoni diretti, già anziani all'epoca dei fatti, sono però deceduti.
Le nuove dichiarazioni incrociate con quelle di Muschitta risulterebbero compatibili in base all'orario.
Il 15 maggio gli inquirenti hanno svuotato il canale in questione e hanno ritrovato una serie di oggetti di metallo tra cui un martello, su cui ora si concentrano gli accertamenti. Un martello a coda di rondine sarebbe infatti sparito da casa Poggi dopo il delitto ma ancora non c'è conferma che si tratti dello stesso utensile.
La dinamica dell'omicidio di Chiara Poggi
La 26enne Chiara Poggi viene uccisa il 13 agosto del 2007, secondo la ricostruzione degli inquirenti, tra le 9:12, quando disattiva l'allarme della villa, e le 13:00, con un oggetto contundente mai ritrovato che si sospetta essere un martello o un attizzatoio da camino.
Non ci sono segni di effrazione e la giovane era ancora in pigiama al momento dell'omicidio, elementi che hanno portato gli investigatori a ritenere che Chiara conoscesse il suo assassino e gli avesse aperto la porta di casa.
La ragazza viene colpita una prima volta alla testa e tenta la fuga, ma l'omicida la colpisce una decina di volte alla nuca e getta il corpo nella cantina dalle scale al piano terra.
A ritrovare il cadavere e dare l'allarme poco prima delle 14:00 è il fidanzato della giovane, Alberto Stasi, 24 anni all'epoca e studente all'Università Bocconi di Milano. L'eccessiva pulizia dei vestiti, delle scarpe in particolare, senza tracce di sangue nonostante fosse entrato nella villa poco dopo l'omicidio, e diverse incongruenze nel suo racconto portano in poco tempo gli investigatori a inquadrarlo come sospettato.
Le scarpe furono sequestrate solo il giorno successivo, consentendo secondo gli inquirenti a Stasi di pulirle.
Gli elementi che portarono alla condanna di Stasi per il delitto di Garlasco
Stasi viene inizialmente assolto nei processi di primo e secondo grado, nel 2009 e nel 2011, fino a quando la Cassazione non annulla la sentenza nel 2013 e ordina un nuovo processo di appello. Nel 2014 Stasi è quindi condannato a 16 anni di carcere, sentenza poi definitiva nel 2015.
Per l'accusa, nel 2009, non si spiegherebbe l'assenza di tracce ematiche e Stasi avrebbe consegnato scarpe diverse rispetto a quelle usate nel luogo del delitto. Ma dalla perizia disposta dal giudice Stefano Vitelli emerse la possibilità che le scarpe si fossero pulite tramite lo sfregamento con il terreno dopo 48 ore dal fatto. Il processo di appello arrivò alla stessa conclusione ma la tesi venne ribaltata nel processo di appello bis, nel quale venne ritenuta contraddittoria l'assenza di tracce di sangue rispetto alla versione fornita da Stasi.
Nel corso dell'ultimo processo venne tra l'altro notata, per la prima volta, l'impronta di una mano insanguinata sul pigiama della ragazza. Questa, insieme all'impronta di Stasi sul dispenser del sapone nel bagno della villa, fu tra gli elementi che portarono alla condanna dell'imputato, con il giudice convinto che l'omicida avesse toccato Chiara dopo averla uccisa per poi lavarsi le mani in bagno.
L'assenza di tracce ematiche anche sul tappetino della macchina, con cui Stasi si sarebbe allontanato dalla villetta dei Poggi dopo il ritrovamento del cadavere, hanno portato l'accusa a ipotizzare che Stasi non fosse davvero entrato nella casa ma fosse già a conoscenza del delitto, in veste di omicida.
La mattina dell'omicidio due testimoni ritenute attendibili notarono una bicicletta da donna nera parcheggiata fuori da casa Poggi, verso le 9:10 del mattino. Gli inquirenti la collegarono subito all'assassino. La famiglia di Stasi possedeva due biciclette, una da uomo di colore bordeaux e l'altra nera. Sui pedali della bicicletta bordeaux furono ritrovate tracce biologiche riconducibili a Chiara, sebbene non ematiche.
Questo ha portato l'accusa a ipotizzare uno scambio di pedali tra le due bici, effettuato da Stasi per nascondere le prove. Ma nel corso delle prime indagini, nei giorni successivi al delitto, i carabinieri non sequestrarono la bicicletta nera perché ritenuta incompatibile con quella descritta dai testimoni e nel 2014, nel corso del processo di appello bis, la sostituta procuratrice generale di Milano Laura Barbaini ha escluso l'opzione dello scambio di pedali.
Stasi ha sempre sostenuto di trovarsi nella sua abitazione la mattina dell'omicidio, intento a lavorare alla sua tesi di laurea. Diversi errori degli inquirenti avevano inizialmente reso impossibile risalire all'ora in cui Stasi si è collegato al computer ma una successiva perizia informatica ha stabilito alle 9:35 l'orario d'accesso. Questo lascia aperta una finestra temporale di 23 minuti, dall'ora in cui Chiara disattivò l'antifurto della villetta, in cui l'alibi di Stasi non può essere provato.