Gaza, le famiglie degli ostaggi chiedono aiuto all'Ue: "Il nostro governo non ha fatto abbastanza"

Le famiglie degli ostaggi israeliani manifestano vicino al Tribunale penale internazionale dell'Aia, Paesi Bassi, mercoledì 14 febbraio 2024.
Le famiglie degli ostaggi israeliani manifestano vicino al Tribunale penale internazionale dell'Aia, Paesi Bassi, mercoledì 14 febbraio 2024. Diritti d'autore Martin Meissner/Copyright 2024 The AP. All rights reserved
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Di Mared Gwyn Jones
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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

I parenti degli ostaggi ancora detenuti a Gaza temono che il tempo per assicurare il loro rilascio stia per scadere, dopo che i colloqui per mediare un cessate il fuoco e un accordo sugli ostaggi si sono arenati

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Parlando a Bruxelles martedì, una delegazione di famiglie di ostaggi israeliani ha implorato il proprio governo, l'Unione Europea e la più ampia comunità internazionale di non rinunciare ai loro cari e dicontinuare a esercitare la propria influenza diplomatica per assicurarne la liberazione.

L'appello è giunto un giorno dopo le minacce di Israele, che ha annunciato che lancerà la sua offensiva di terra su Rafah se Hamas non rilascerà tutti gli ostaggi rimasti entro l'inizio del Ramadan, il 10 marzo.

"Il nostro governo e tutto il mondo non hanno fatto abbastanza, perché sono ancora lì", ha detto Nofar. Suo fratello Yagev Buchshtav, 35 anni, è tenuto prigioniero a Gaza da quando è stato rapito da casa sua il 7 ottobre.

"Mi fido del mio governo. Penso che cerchino di farlo, di rilasciarli, ma non è abbastanza e dovrebbero fare di più. Dovrebbero fare un nuovo accordo. Non c'è più tempo", ha aggiunto. 

L'ultimatum di Israele per il rilascio degli ostaggi ha dato un nuovo senso di urgenza alla campagna delle famiglie.

Le intenzioni di Tel Aviv

Benny Gantz, membro del gabinetto di guerra israeliano, ha dichiarato che le forze israeliane procederanno con l'offensiva di terra prevista a Rafah - la città più meridionale di Gaza dove si è rifugiato più di un milione di palestinesi - a meno che Hamas non rilasci tutti gli ostaggi ancora detenuti nella Striscia entro il 10 marzo.

La scadenza coincide con l'inizio del mese sacro islamico del Ramadan.

Haim Regev, ambasciatore di Israele presso l'Ue, ha dichiarato martedì ai giornalisti che "tutte le opzioni sono sul tavolo", aggiungendo che Israele è disposto ad accettare una pausa umanitaria se tutti gli ostaggi verranno rilasciati senza condizioni.

"Se domani mattina vedremo che Hamas e la Jihad islamica sono disposti a rilasciare gli ostaggi, faremo una pausa", ha detto. 

Le pressioni di Unione europea e Stati Uniti

Ma i partner occidentali hanno esortato Israele a non procedere con l'offensiva su Rafah, e 26 dei 27 membri del blocco hanno avvertito che la mossa "peggiorerebbe una situazione già catastrofica" nella Striscia di Gaza assediata, dove la guerra tra Israele e Hamas infuria ormai da più di quattro mesi.

In una mossa che aumenta la pressione su Israele per convincerlo a muoversi con più moderazione, gli Stati Uniti hanno presentato una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiede un "cessate il fuoco temporaneo" e dissuade Israele dall'avanzare verso Rafah.

È la prima volta che gli Stati Uniti appoggiano un cessate il fuoco a Gaza, segno che anche i più convinti sostenitori di Israele sono sempre più preoccupati per il costo che sta pagando la popolazione civile palestinese di Gaza.

La bozza degli Stati Uniti è una controproposta a una risoluzione a firma algerinache chiedeva un "immediato cessate il fuoco umanitario", e su cui Washington ha posto il vetoadducendo come motivazione il timore che potesse compromettere il proseguimento dei negoziati per il rilascio degli ostaggi.

Gli Stati Uniti, insieme a Egitto, Israele e Qatar, guidano da mesi i colloqui per mediare una pausa nelle ostilità in cambio del rilascio di tutti gli ostaggi rimasti, ma le discussioni sono a un punto morto. L'unica precedente tregua nei combattimenti, una pausa di sei giorni iniziata il 24 novembre scorso, ha visto il rilascio di 105 ostaggi.

Gli ostaggi sono responsabilità di "tutto il mondo"

I parenti degli ostaggi rimasti affermano che i loro cari non sono pedine politiche, ma normali cittadini prelevati dal comfort delle loro case in un normale sabato mattina di ottobre.

Circa 130 delle 253 persone rapite durante l'attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre sono ancora nelle mani del gruppo armato palestinese. Israele stima che circa un quarto di loro sia morto.

Il fratello di Nofar, Yagev Buchshtav, è stato preso in ostaggio insieme alla moglie Rimon Kirsht Buchshtav quando i militanti di Hamas si sono infiltrati nel loro kibbutz. Rimon è stata sotto sequestro con il marito fino a quando non è stata rilasciata come parte di un accordo sullo scambio di prigionieri durante la breve pausa delle ostilità dello scorso novembre.

Altre famiglie dicono di non aver avuto contatti con i loro cari da quando sono stati rapiti e di non sapere se sono ancora vivi. Tra loro ci sono i genitori di Oz Daniel, 19 anni, chitarrista di talento, la cui sorella gemella lo aspetta a casa da 136 giorni.

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"Nel momento in cui Hamas rilascerà gli ostaggi, ci saranno meno vittime da entrambe le parti", ha detto il padre di Oz.

Tra i 130 sequestrati non si troverebbero più Kfir Bibas, di 10 mesi, suo fratello Ariel Bibas, di 4 anni, e la loro madre Shiri Bibas. Hamas sostiene che sono tra gli ostaggiuccisi dalle bombe israeliane su Gaza.

Lunedì, l'Idf ha pubblicato un video che, a sua detta, mostra Shiri Bibas e i suoi due figli piccoli mentre vengono scortati da uomini armati di Hamas a Khan Younis a poche ore dal loro rapimento, la prova che sono stati portati a Gaza.

Il coordinatore israeliano per gli ostaggi, Gal Hirsch, sostiene che la maggior parte degli ostaggi è detenuta nella sovraffollatissima Rafah. Israele accusa Hamas di continuare a usare sia gli ostaggi che la popolazione civile di Gaza come scudi umani.

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