Il radiotelescopio, formato da una rete di stazioni europee con migliaia di antenne sparse in vari Paesi, aiuta i ricercatori a capire com si sono formati i primi oggetti nell'universo e quale potrebbe essere il suo futuro
Creare una mappa dell'universo con una risoluzione maggiore rispetto alle ricerche precedenti, concentrandosi sulle frequenze radio più basse. È l'obiettivo del radiotelescopio europeo Lofar. René Vermeulen, direttore del consorzio, ci ha parlato di questo progetto finanziato da Bruxelles.
"L'universo in quanto tale ha più di 13 miliardi di anni - dice Vermeulen -. Possiamo tornare indietro di almeno il 90% di questo lasso di tempo e osservare gli elementi che lo compongono. Abbiamo scoperto pulsar, buchi neri e galassie. Quando si effettua un'ampia ricognizione del cielo, si scoprono tutti questi elementi. Il grande veicolo su cui stiamo lavorando e che probabilmente verrà realizzato quest'anno si chiama Eric (European Research Infrastructure Consortium), una collaborazione che la Commissione europea ha definito circa dieci anni fa: è un modo per i Paesi europei di collaborare, mettere in comune le loro risorse, i loro ricercatori, i loro soldi".
Lofar ci dirà se l'universo ha una fine o se è infinito? "È una domanda molto complicata - dice Vermeulen -. Lofar può aiutarci a capire come si sono formati i primi oggetti quando l'universo era molto giovane. Quanto velocemente si sono formati. Quanta materia c'è nell'universo. Questioni che ci dicono qualcosa su quanto è grande l'universo e, soprattutto, su cosa gli succederà. Resterà per sempre così o collasserà di nuovo? Non pretendo che Lofar abbia una risposta unica e definitiva. Servono molti telescopi. Noi svolgiamo un ruolo fondamentale perché il nostro tipo di onde radio lunghe ha una capacità diagnostica unica per alcune domande. Siamo una parte importante del puzzle, ma non siamo l'unica parte del puzzle".