"Un commissario europeo per il benessere degli animali"

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Di Samuele Damilano
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"In Italia come in Europa, la presenza di leggi a tutela del benessere degli animali non deve far distogliere l'attenzione dai problemi". Dialogo con Adolfo Sansolini, coordinatore della campagna #Euforanimals

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"In Italia come in Europa, la presenza di leggi a tutela del benessere degli animali non deve far distogliere l'attenzione dalla necessità di fare ulteriori passi avanti". Dialogo con Adolfo Sansolini, coordinatore della campagna #EUforAnimals per promuovere un commissario europeo dedicato, in occasione di una conferenza presso la sede del Parlamento europeo a Roma. "Non è sufficiente la delega al Commissario alla salute. Bisogna individuare responsabilità chiare".

1) Perché è necessario avere un commissario europeo per il benessere degli animali, nonostante l’Europa sia un continente dove i diritti degli animali già sono molto tutelati rispetto agli standard mondiali?

Per evitare che questi standard diventino una scusa per non risolvere problemi che ancora mettono a repentaglio il benessere degli animali. L’Ue su questo tema procede a onde: ci fu un grande progresso degli anni ’90, quando vennero approvate direttive per la dismissione progressiva delle gabbie di batterie per ovaiole, o di gestazione per i i maiali, seguiti da periodi di silenzio, per mancanza di volontà politica e, di conseguenza, di risorse.

Il benessere animale è importante per i cittadini europei, lo dicono tutti i sondaggi: gli animali sono sempre più vicini eticamente e mentalmente a noi, ma le strutture legislative e di governo dell’Unione non si sono adattate. Per noi un commissario rappresenterebbe un’assicurazione di un’attenzione costante e di risorse adeguate. Questo è la nostra risposta a problemi cronici, che devono essere affrontati nel lungo termine.

2) Un esempio di questi problemi?

Quello più evidente è il trasporto a lunga distanza, fissato da un regolamento, e dunque uniforme a livello comunitario, che però risale al 2005. Ci sono stati casi innumerevoli di animali morti alla frontiera con la Bulgaria, altri di asfissia, altri ancora in mare o brutalmente buttati via, con una rimpallo di responsabilità costante tra Commissione europea e Stati membri: qui si evidenzia la mancanza di un commissario dedicato per risolvere questi problemi: bisogna individuare una chiara responsabilità, per aprire procedure di infrazione e far sì che i Paesi possano collaborare tra loro. 

Adolfo Sansolini
Adolfo Sansolini, coordinatore campagna #EUforAnimalsAdolfo Sansolini

Un altro esempio riguarda l’alimentazione forzata per la produzione di foie gras, già considerata una pratica criminale in 22 Paesi, esclusi Francia, Ungheria, Bulgaria, Spagna e Vallonia (una delle tre amministrazioni in Belgio). Dal 1998 sono state fatte due indagini"dagli uffici responsabili della Commissione europea, una in due allevamenti in Francia e una in Ungheria, in cui sono stati evidenziati chiari problemi. Almeno in quegli allevamenti, qualcosa è cambiato? La risposta ricevuta è stata “Abbiamo le rassicurazioni degli Stati membri”. È una situazione ridicola.

3) In Italia, secondo gli animalisti, il problema principale è che le leggi e la giurisprudenza, che comunque garantiscono una buona tutela, risentono di un sottofondo antropocentrico. Per lei sono norme sufficienti?

Ovviamente no, è uno dei temi fondamentali della normativa sugli animali a livello europeo. All’inizio del secolo XX ci sono state proposte di leggi, nel parlamento italiano come in quello statunitense, che rispondevano a quello che sarebbe stato lo shock degli umani alla vista di un animale morto. Certo, finivano per difendere gli animali, utilizzando circonlocuzioni per giustificarlo culturalmente. Oggi un approccio del genere non ha più senso: viviamo con animali domestici che fanno parte della famiglia, se stanno male ci sentiamo angosciati, ci prendiamo cura di loro anche dal punto di vista economico.

L'indicatore più importante di una maggiore sensibilità al benessere degli animali consiste tuttavia nelle scelte quotidiane di milioni di persone che decidono di non mangiare alimenti di origine animale, o che si rifiutano di comprare uova di galline non allevate all'aperto. Le grandi aziende se ne accorgono, e, che vi sia o meno un'etica dietro, vanno incontro alle esigenze del cliente, e il rispetto dei diritti degli animali diventa parte dell’identità dell’impresa. Con l'effetto positivo, soprattutto quando si parla di aziende di livello mondiale, di non danneggiare troppo i piccoli agricoltori che rispettano standard di produzione elevati di rispetto del benessere degli animali. Non è nemmeno più oramai una questione di risparmio economico. 

4) Dunque, c’è il terreno fertile per attuare queste politiche, ma le leggi a livello comunitario sono insufficienti. Quali sono le differenze principali tra i vari Paesi? Francia e Spagna negli ultimi anni stanno facendo grandi passi avanti

Nell'Unione europea c'è una tradizione "nord-sud" piuttosto classica, con i Paesi nordici che soffrono di meno la pressione di agricoltori con meno scrupoli. Ma anche in questo caso non bisogna generalizzare. L'Italia per esempio è il primo Paese al mondo che ha introdotto l'obiezione di coscienza per la sperimentazione sugli animali, e Roma il primo comune con un ufficio per i diritti animali, presieduto ai tempi da Monica Cirinnà, presente insieme a Michela Vittoria Brambilla, presidente dell'intergruppo parlamentare europeo per il benessere animale.

Al di là delle differenze, la volontà di istituire un commissario europeo per il benessere degli animali è pressoché unanime: sul tema siamo riusciti a coinvolgere il più alto numero di parlamentari nella storia del parlamento europeo per un’interrogazione orale, 127. Adesso la palla passa alla Commissione.

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