State of the Union: la Germania infrange i suoi tabù sul debito

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Di Stefan Grobe
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Berlino e Parigi lanciano una proposta di investimenti europei da 500 miliardi di euro per far ripartire le economie UE indebolite dalla pandemia

La Germania rompe i tabù

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Quando i politici definiscono come “storico” qualsiasi evento che in questi giorni sembra essere senza precedenti, è meglio tenersi forte.

E infatti la Germania ha rotto due tabù su cui ha tenuto il punto per decenni: il trasferimento di fondi dai paesi più ricchi a quelli più poveri e il prestito di denaro da parte dell'Unione Europea in maniera collettiva.

Si tratta di una proposta congiunta franco-tedesca per stabilire un fondo di ripresa economica da 500 miliardi di euro.

Tempi insoliti, d’altronde, richiedono soluzioni insolite.

Bruno Le Maire, ministro delle finanze francese ritiene che si tratti di un "passo storico per la Francia e la Germania e di un passo storico per l'intera Unione Europea perché questa è la prima volta in cui Francia e Germania si uniscono per ottenere un finanziamento che comporta la contrazione di un debito per permettere nuovi investimenti per i paesi dell'UE".

La proposta inoltre sottolinea che in un momento di crisi esistenziale è necessaria una maggiore integrazione europea e non il contrario.

Un segnale forte, soprattutto visto che un pensiero del genere sembrava esser diventato praticamente fuori moda.

La decisione, tuttavia, rischia di provocare un contraccolpo politico in Germania, dove gli oppositori della Merkel, i populisti, stanno già affilando i loro coltelli.

Emmanuel Macron, inoltre, deve fare i conti con le tensioni politiche domestiche: ha già perso la maggioranza in Parlamento, dopo che un gruppo di deputati ha disertato il suo partito.

Infine, resta la resistenza di quelli che vengono soprannominati il "quattro frugali" - gli Stati membri sostenitori dell’austerità fiscale come Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Austria.

Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz assicura: “vogliamo mostrare solidarietà, ma il nostro approccio è aiutare con dei prestiti e non con un debito collettivo".

Washington accusa Pechino di complotto

Si fanno sempre più difficili i negoziati per riparare le relazioni gravemente danneggiate tra gli Stati Uniti e la Cina, soprattutto in vista delle elezioni presidenziali.

Donald Trump definisce la Cina come l’uomo nero del pianeta, sebbene inizialmente abbia elogiato la Cina per la sua risposta al Coronavirus.

La narrativa di Trump, che propone una cospirazione anti-americana tra la Cina e l'Organizzazione mondiale della sanità per nascondere l’epidemia, è destinata a un pubblico nazionale.

Ma tutto questo ha spinto l'OMS in un pericoloso territorio politico.

All'assemblea virtuale dell'OMS questa settimana, il presidente cinese Xi Jinping ha cercato di mettere le cose in chiaro.

“Pechino ha agito con apertura, trasparenza e responsabilità”, ha affermato. “La Cina ha fornito le informazioni all'OMS e ai paesi interessati nel modo più tempestivo e ha condiviso il controllo e l'esperienza sul trattamento del virus con il mondo senza riserve”.

Nel frattempo, Trump ha intensificato la lotta contro l'OMS e ha raddoppiato la sua minaccia di tagliare definitivamente i fondi statunitensi.

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Il coronavirus mette in secondo piano la questione climatica

La spaccatura in corso tra gli Stati Uniti e la Cina sull'Organizzazione Mondiale della Sanità può minare seriamente la cooperazione globale contro il virus, soprattutto in un momento in cui gli scienziati stanno lottando per trovare un vaccino e molti paesi stanno assumendo un rischio calcolato riaprendo le loro economie.

Peter Giger, Chief Risk Officer presso il Zurich Insurance Group, ritiene che la pandemia rischia di farci concentrare solo sul Coronavirus, facendoci ignorare altri rischi oggettivi che esistono da tempo o che stanno emergendo. C’è il rischio che i governi trattino le diseguaglianze sociali o la crisi climatica come un problema secondario?

Per Giger è un rischio concreto “Abbiamo visto che gli esseri umani sono molto bravi a rispondere alle minacce immediate ma forse non sono così bravi a rispondere alle minacce strategiche. Inoltre quella del coronavirus è una crisi che colpirà più generazioni. Stiamo già vedendo aumentare la disoccupazione e abbiamo visto che dopo la crisi finanziaria una decina di anni fa i giovani hanno avuto molta difficoltà a trovare un lavoro stabile in molti paesi. Inoltre abbiamo sistemi pensionistici obsoleti e questo è un problema irrisolto. Lo erano già prima, ma ora sono un problema ancora più grande. Ancora una volta, è un problema intergenerazionale”.

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