Gli alfieri dell'austerity, Austria e Germania in testa, non vogliono saprene di collettivizzare il debito per sollecitare la ripresa
Sui Coronabond, Conte sbatte i pugni ma Bruxelles temporeggia.
Il premier italiano si è rifiutato di firmare la bozza conclusiva dell'ultimo summit del Consiglio - anche stavolta avvenuto rigorosamente in videoconferenza - dando all'Europa un ultimatum di dieci giorni per trovare una quadra, "trovando una soluzione adeguata alla grave emergenza che tutti i Paesi stanno vivendo".
Sul punto, però, le decisioni sono ulteriormente rimandate.
"Abbiamo dato un compito all'Eurogruppo - ha detto la Presidente della Commissione Von Der Leyen - ed è chiaro come questo è stato concepito. E penso che tra due settimane, l'Eurogruppo dovrà tornare con delle proposte".
Favorevole all'idea dei coronabond si è mostrato il presidente dell'Europarlamento David Sassoli. Ma l'idea di collettivizzare il debito per stimolare la ripresa alcuni stati membri non riescono proprio a digerirla.
A mettersi di traverso - mentre in prima linea ci sono ormai gli ospedali di tutta Europa - sono ancora una volta gli alfieri dell'austerity, Germania e Austria in testa.
A sostenegno del provvedimento, il 25 marzo, era stata inviata una missiva a Bruxelles, a firma dei 9 paesi piu colpiti dalla pandemia: in testa ci sono Spagna e Italia, che per numero di decessi hanno ormai superato la Cina; seguite da Portogallo, Belgio, Irlanda, Grecia, Lussemburgo e Slovenia.
"Abbiamo bisogno di una stretegia di recupero - ha dichiarato il presidente del Consiglio, Charles Michel - e dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti possibili - e per me il bilancio europeo è uno degli strumenti possibili, - ma penso che anche il il miglioramento del mercato unico sia uno degli strumenti possibili".
Per le decisioni, dunque, bisognerà attendere almeno altre due settimane: un'eternità rispetto alla velocità di questa pandemia, che pure non è bastata a metter d'accordo l'Europa.