Sono europeo, ma..

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Di Euronews
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“Mi sento un cittadino europeo al pari del mio essere spagnolo, però non mi sento trattato come tale. E’ come se non avessi né voce né voto. Quindi non vengo trattato come cittadino”. Jorge A. Fernández de los Ríos, apprendista.

Cosa significa essere cittadini europei? Quante porte restano chiuse quando tentiamo di far valere i nostri diritti in Europa. Identificare e smantellare queste barriere è stato l’obiettivo del secondo Rapporto sulla Cittadinanza in Europa. Nathalie Stockwell della Direzione Giustizia alla Commissione europea:

“Il Rapporto sulla cittadinanza dell’Unione si è basato sulle esperienze dei cittadini. Abbiamo organizzato una vasta consultazione l’anno scorso e questo rapporto è il risultato di quanto ci è stato detto: cosa vorrebbero che cambiasse per poter usufruire dei diritti e delle opportunità che offre l’Unione Europea”.

Ma quali sono queste opportunità? Il primo Rapporto sulla Cittadinanza, nel 2010, aveva concluso che la maggior parte dei cittadini europei non erano pienamente consapevoli dei propri diritti. E oggi? Abbiamo chiesto a degli studenti universitari, a Madrid, di elencarci alcuni di questi diritti:

-“Uno dei nostri diritti è la libertà di movimento nella zona Schengen, nel Regno Unito e nei paesi nordici. L’altro.. Cene deve essere più di unno!”
-“Abbiamo una mancanza di conoscenza in generale. Facciamo parte dell’Europa, però non la conosciamo”.
-“Come cittadina europea posso spostarmi liberamente in Europa. E.. Non so!”

L’informazione è una delle sei aree chiave emerse dal Rapporto, in cui la Commissione intende proporre azioni concrete. E’ cruciale per incentivare la partecipazione politica a un anno dalle elezioni europee. Semplificare la burocrazia, gli acquisti oltreconfine e proteggere i più deboli sono gli altri obiettivi, insieme al potenziamento del mercato del lavoro europeo.

“L’impiego è risultato uno dei settori in cui è più difficile sentirsi pienamente cittadini europei. Gli stessi stage invece di formare spesso rallentano l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. La situazione in Spagna è tra le più drammatiche in Europa”.
Monica Pinna

Oggi in Europa ci sono circa 26 milioni di disoccupati. Oltre sei milioni di questi sono spagnoli. Il paese ha il più alto tasso di disoccupazione dopo la Grecia. Per i giovani le cifre sono ancora più preoccupanti. Circa il 23% non ha lavoro a livello europeo, si sale a oltre il 57% in Spagna. Con la crisi, la disoccupazione e i tagli, le manifestazioni a Madrid sono diventate una realtà quasi quotidiana.

Sempre più giovani restano intrappolati in lavori precari fino a oltrepassare la soglia dei 25 e dei trent’anni. Ci si interroga sempre più su quanto giochino gli stage in questo scenario. Ne abbiamo parlato con Jorge, laureato in pedagogia e apprendista da anni:

“Ho 25 anni. Mi sono laureato a 22 e non ho mai firmato un contratto di lavoro. Ho lavorato come volontario qui in Spagna e all’estero in quelle che qui vengono riconosciute come formazioni professionali.
O resti confinato a casa senza guadagnare, senza renderti indipendente, senza poter programmare di sposarti, oppure accetti di lavorare in condizioni di semi schiavitù. Ovviamente non la chiameranno schiavitù, ma stage, o formazione”.

Il Forum Europeo della Gioventù, che include il Consiglio della gioventù spagnolo, ha proposto una Carta per la qualità di stage e tirocini. Obiettivo, definire un quadro giuridico per la formazione professionale in Europa. Ricardo Ibarra Roca, presidente del Consiglio della gioventù spagnolo:

“Ci troviamo di fronte a un sistema realizzato per formare i giovani, che si concretizza invece con contratti fraudolenti da parte del datore di lavoro nei confronti di chi fa fatica a fare il proprio ingresso nel mondo del lavoro. Attualmente è legale utilizzare i giovani con contratti di formazione fino a trent’anni in Spagna, senza alcun limite. Per questo la Commissione Europea ha dichiarato che oltre il 60% delle formazioni in Spagna sono fraudolente, senza contributi, senza diritti e senza paga. In Spagna i giovani sono costretti ad andare all’estero per trovare un lavoro. E’ l’unica alternativa. E penso sia un errore”.

Quali passi si stanno compiendo a livello europeo per bloccare questo fenomeno? Ce ne parla Natalie Stockwell, della Direzione Giustizia alla Commissione europea:

“Al momento le regole non sono chiare. Gli Stati Membri applicano standard differenti. L’idea è di arrivare a un quadro normativo che fissi i criteri minimi per uno stage di qualità, in termini di contratto, retribuzione e interesse. Perché un tirocinio non dovrebbe essere lavoro a basso prezzo”.

Una delle reazioni alla crisi è stato il balzo dell’immigrazione europea verso la Germania. Sono i dati più alti dal ’95. Gli arrivi spagnoli sono aumentati del 45% nel 2012. Il mercato europeo del lavoro si sta realizzando, ma c‘è un legame crescente tra immigrazione e precarietà. Jorge A. Fernández de los Ríos:

“Stanno usando la crisi e l’attuale situazione economica come una scusa per cambiare il modello edl mercato del lavoro. Personalmente penso che l’Europe vada vista come un’opportunità, ma dobbiamo migliorarla, dobbiamo costruirla”.

I giovani europei chiedono sempre più un’ Europa di opportunità. Non di fughe.

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