Il nuovo rapporto Emissions Gap 2025 del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente lancia l'ennesimo allarme sul clima: le politiche attuali porteranno a una crescita della temperatura media globale di 2,8 gradi. E anche le nuove promesse di riduzione delle emissioni sono insufficienti
La prossima settimana, delegazioni governative, organizzazioni della società civile, scienziati ed esperti si riuniranno a Belém, in Brasile, per la trentesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop30. L'obiettivo è rilanciare l'azione climatica, nonostante un contesto geopolitico che lascia poco spazio all'ottimismo.
A pochi giorni dall'avvio della conferenza il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (Unep) ha pubblicato il rapporto annuale Emissions Gap, che indica la distanza esistente tra gli obiettivi fissati dalla comunità internazionale in termini di riduzione delle emissioni climalteranti e le promesse avanzate da ciascun governo.
Il documento di quest'anno rivela che, con gli impegni attuali, l'aumento della temperatura media globale sarà nettamente superiore rispetto ai target imposti dall'Accordo di Parigi, raggiunto al termine della Cop21 nella capitale francese nel 2015. Ciò comporterà una moltiplicazione degli impatti sull'intero globo terrestre.
Cosa indica il rapporto Emissions Gap 2025
Il rapporto spiega che solo 60 Stati, tra coloro che hanno ratificato l'Accordo (e che coprono il 63 per cento delle emissioni globali di gas ad effetto serra), hanno presentato o annunciato le Nationally Determined Contributions (Ndc). Si tratta dei documenti ufficiali attraverso i quali ciascuna nazione dettaglia in che modo conta di diminuire il quantitativo di CO2, metano e altri gas dispersi nell'atmosfera terrestre.
Tali Ndc avrebbero dovuto essere presentate da tutti i governi entro il 30 settembre scorso. Si tratta di nuove versioni delle promesse avanzate in passato, poiché esse erano insufficienti per centrare il principale obiettivo indicato dall'Accordo di Parigi: limitare la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 2 gradi centigradi, rimanendo il più possibile vicini agli 1,5 gradi.
"Le nazioni hanno avuto già tre occasioni per presentare promesse in linea con quanto indicato dall'Accordo di Parigi, ma finora non sono riuscite a farlo", ha dichiarato Inger Andersen, direttrice esecutiva dell'Unep. "Sebbene le Ndc abbiano registrato alcuni progressi, questi non sono abbastanza rapidi, ed è per questo che abbiamo ancora bisogno di tagli alle emissioni senza precedenti, in una finestra sempre più stretta, e con uno scenario geopolitico sempre più impegnativo".
Andersen ha aggiunto che esistono soluzioni attuabili, a partire dalla rapida crescita delle energie rinnovabili a basso costo, dalla diminuzione delle emissioni di metano e che i Paesi devono ora "puntare tutto" sull'azione per il clima.
Che differenza c'è tra 1,5 e 2 gradi di riscaldamento climatico
Il problema è che, anche ammesso che tutte le nuove promesse fossero mantenute per intero, il riscaldamento globale si situerebbe tra i 2,3 e i 2,5 gradi. E qualora si rimanesse sul trend attuale, si arriverebbe a 2,8 gradi.
Potrebbero apparire come piccole variazioni, ma sono state le stesse Nazioni Unite (attraverso l'Ipcc, il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici), nell'ottobre del 2018, a spiegare che differenza ci sarà tra 1,5 e (soltanto) 2 gradi. All'epoca fu pubblicato infatti lo Special Report 1.5, che tra i vari esempi mostrati spiegò che la fusione pressoché completa della calotta glaciale artica - con tutto ciò che questo comporterà in termini di equilibri oceanici e innalzamento del livello dei mari, nonché sommersi delle zone costiere - si manifesterà con 1,5 gradi una volta ogni secolo. Con 2 gradi una volta ogni decennio.
Il rapporto dello scorso annoparlava di un aumento tra i 2,6 e i 2,8 gradi, sulla base delle promesse avanzate fino a quel momento (sempre ipotizzandone la piena attuazione. I dati sono dunque leggermente migliorati, ma siamo ancora lontanissimi dai target: "È un progresso, ma non è abbastanza", ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres in un messaggio video.
Gli autori fanno notare che questi progressi potrebbero essere dovuti ad aggiornamenti metodologici. E una volta che gli Stati Uniti si ritireranno ufficialmente dall'Accordo di Parigi (nel prossimo gennaio), occorrerà probabilmente aggiungere un altro decimo di grado di riscaldamento globale.
Obiettivo 1,5 gradi difficile, occorre un'azione drastica e immediata
L'entità dei tagli alle emissioni necessari e il breve tempo rimasto per realizzarli significa che la temperatura media globale supererà la soglia degli 1,5 gradi, molto probabilmente già entro il prossimo decennio, si legge nel rapporto. Ciò non significa che si tratti di una situazione definitiva: si può ancora operare per tentare di ritornare a livelli accettabili nei decenni a venire. Ma per farlo occorre un'azione drastica, a partire dal superamento dell'uso di combustibili fossili.
Il rapporto esamina le politiche, i dati e le traiettorie dei principali Paesi e gruppi di Paesi, compresa l'Unione europea. L'obiettivo attuale è di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030, e di ridurle del 66-72 per cento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2035.
Attualmente, i sei maggiori responsabili delle emissioni globali di gas serra sono la Cina, gli Stati Uniti, l'India, la stessa Unione europea, la Russia e l'Indonesia. Di questi sei Paesi, l'Ue è stata l'unica a diminuire effettivamente le emissioni nel 2024, con un calo del 2,1 per cento.
Secondo il rapporto, in base alle politiche attuali, nel 2035 le emissioni aggregate del G20 dovrebbero diminuire di 2 miliardi di tonnellate equivalenti di anidride carbonica rispetto ai livelli del 2030. Il maggior contributo alla riduzione verrebbe della Cina, seguita dall'Unione Europea.
Il rapporto considera anche le probabilità che ciascun Paese raggiunga i propri obiettivi di riduzione. L'Ue è stata indicata come "probabilmente in grado di raggiungere l'obiettivo con le politiche esistenti", insieme a Paesi come Cina, India, Turchia e Messico.
"Rapporto scioccante e del tutto prevedibile"
Clare Shakya, direttore globale per il clima della Nature Conservancy, ha definito il rapporto "scioccante e del tutto prevedibile", sottolineando la necessità di utilizzare la conferenza della prossima settimana per risolvere ulteriormente i problemi.
"L'opportunità che si presenta alla Cop20 è breve ma importante", ha dichiarato. "Nelle prossime due settimane, mentre l'attenzione del mondo si rivolgerà al clima, dovremo cogliere questo momento per chiedere un'azione più rapida e coraggiosa con la natura al centro della nostra risposta".
Anche Jasper Inventor, vice direttore dei programmi di Greenpeace International, ha sottolineato la necessità di agire rapidamente e di rafforzare gli impegni sul clima: "Gli avvertimenti su un superamento della soglia degli 1,5 gradi dovrebbero rappresentare un appello all'azione, eppure i piani d'azione per il clima per il 2035 non sono riusciti a colmare il gap. Stiamo avanzando solo di poco nella riduzione delle nostre emissioni, nonostante le richieste delle comunità di tutto il mondo".
Il rapporto rileva inoltre che il 2024 è stato un anno record per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Secondo Guterres, le aziende dovrebbero approfittare di questo slancio. "I leader devono cogliere questo momento e non perdere tempo: triplicare la potenza installata da fonti rinnovabili e raddoppiare l'efficienza energetica entro il 2030; costruire reti moderne e stoccaggio su larga scala; porre fine a tutte le nuove espansioni di carbone, petrolio e gas in modo giusto ed equo".
La transizione dai combustibili fossili si sta muovendo troppo lentamente, ha sottolineato Inventor: "È ora che i Paesi del G20, soprattutto quelli sviluppati, prendano il timone e guidino davvero la transizione, a partire dalla Cop30, dove si dovrà concordare un piano di risposta globale per accelerare l'azione".