Un recente studio mostra come “punti caldi” nell’oceano alimentano uragani più grandi e rapidi. I risultati potrebbero migliorare le previsioni e la gestione del rischio climatico
Un nuovo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) ha rivelato che gli uragani possono crescere in modo sorprendentemente rapido e diventare più grandi di quanto previsto, in particolare quando incontrano specifiche condizioni oceaniche.
La ricerca evidenzia come alcuni “punti caldi” della superficie del mare, zone localizzate di acqua più calda del normale, possano alimentare tempeste con espansione rapida, aumentando il rischio di danni su larga scala.
Il fenomeno non riguarda solo l’intensità dei venti. L’uragano Helene dello scorso anno, ad esempio, ha raggiunto dimensioni eccezionali prima di colpire la terraferma, diventando il terzo uragano più letale dell’era moderna secondo il National Centers for Environmental Information.
Come spiega Danyang Wang, ricercatore post-dottorato presso la Purdue University, “una tempesta più grande ha un’impronta più ampia di venti dannosi, genera un’ondata di tempesta più elevata su un’area più vasta e produce più pioggia: tutti fattori che aumentano i rischi per la società”.
Perché alcuni uragani diventano più grandi di altri
Non tutti gli uragani sono uguali. La scala dei venti Saffir-Simpson misura l’intensità di una tempesta in base alla velocità massima del vento, classificandola da categoria 1 a 5. Studi precedenti avevano dimostrato che l’aumento delle temperature può rendere gli uragani più intensi, ma fino a oggi si sapeva poco su come queste condizioni influenzino la dimensione complessiva della tempesta.
Analizzando dati storici, i ricercatori hanno scoperto che la crescita degli uragani è strettamente legata alla temperatura superficiale del mare. In particolare, i “punti caldi” oceanici tendono a favorire tempeste in rapida espansione, capaci di causare danni molto più estesi rispetto a uragani di pari intensità.
Curiosamente, lo studio evidenzia che il tasso di crescita degli uragani non è cambiato significativamente con il riscaldamento globale complessivo, indicando che sono le condizioni locali dell’oceano a giocare un ruolo cruciale.
Migliorare le previsioni degli uragani
La stagione degli uragani è attualmente in corso, con tempeste come Gabrielle che si intensificano al largo delle Bermuda. I ricercatori sottolineano che comprendere il ruolo dei “punti caldi” potrebbe migliorare i modelli di previsione, permettendo alle autorità e ai cittadini di prepararsi meglio agli uragani di grandi dimensioni.
“Questa scoperta può essere applicata ai metodi di previsione giornaliera delle dimensioni e dell’impatto degli uragani”, spiega Wang. “Può anche migliorare i modelli di rischio a lungo termine utilizzati dall’industria per valutare l’esposizione agli uragani, come quelli legati ai settori assicurativo e immobiliare”.
Lo studio offre quindi un importante strumento per affrontare gli uragani in un clima che cambia, fornendo indicazioni utili sia per le previsioni meteorologiche a breve termine sia per la pianificazione del rischio a lungo termine.