Una 22enne di Colonia denuncia che le sue foto su Vinted, dove indossava abiti da vendere, sono state rubate e diffuse su siti porno. Inizia una battaglia digitale per tutela e responsabilità
Mina, 22 anni di Colonia, nota con lo pseudonimo “Camira”, ha scoperto che le immagini in cui indossava abiti per venderli su Vinted erano state riutilizzate su siti pornografici senza il suo consenso.
In un’intervista a Euronews, la giovane racconta che quelle foto erano semplicemente postate su Vinted per mostrare i vestiti, ma sono state dirottate in contesti erotici, presentandola come “modello OnlyFans nudo” anche se non ha mai avuto un profilo di quel tipo.
Una violenza che si ripete sistematicamente
Secondo Mina, alcuni profili con le sue foto erano attivi da anni. Non si trattava di casi isolati: ogni volta che condivideva qualcosa, qualcuno la “screenshottava” e rilanciava. Alcune immagini riguardavano abiti estivi, costumi o lingerie, elementi che venivano poi ripubblicati in gruppi Telegram come “Girls of Vinted” e in piattaforme pornografiche.
Mina ha segnalato i siti coinvolti a Google, ma ha ricevuto risposte automatiche che affermavano che “nulla violava le linee guida”. Quando ha provato a contattare direttamente i portali, molti non avevano contatti legali. Alla fine si è rivolta alle autorità denunciando ignoti, ma la polizia le ha inizialmente detto di “cambiare nome” sui social: una risposta che la ragazza ha rifiutato. Alla fine, il dipartimento della criminalità informatica ha preso in carico il caso, ma la denuncia è stata archiviata per “impossibilità di identificare un colpevole”.
Una mobilitazione virale e una petizione per il cambiamento
Per attirare l’attenzione sulla vicenda, Mina ha pubblicato un video su TikTok che ha raccolto milioni di visualizzazioni. Da lì è nata la petizione “Le nostre foto Vinted non sono porno”, con cui chiede misure concrete: blocco degli screenshot non autorizzati, verifica obbligatoria dell’identità su Vinted e una maggiore protezione dei dati sensibili (ad esempio i dati di spedizione).
Nonostante il trauma, Mina non intende rimuovere completamente la sua presenza online: “È solo il corpo di una donna. Non c’è niente di sbagliato”, dice, “Dovete cambiare comportamento, non io”. Vuole continuare a pubblicare su Instagram e Vinted, ma chiede che le piattaforme si facciano carico della sicurezza dei propri utenti e non lascino che vengano victimizzate una seconda volta.
Un fenomeno crescente che richiede risposte strutturali
Secondo associazioni come HateAid, casi come quello di Mina sono parte di una più ampia “violenza digitale basata sulle immagini”: immagini innocue, pubblicate per second hand, trasformate in merce sessualizzata senza consenso. L’allarme è reale e sempre più donne denunciano modalità simili su Telegram, Reddit e altri spazi digitali.
Per Mina, non si tratta solo di tutelare se stessa, ma anche di proteggere tutte le utenti: “Voglio che il nostro utilizzo di Vinted resti sicuro e consapevole, perché possiamo dare una seconda vita ai vestiti… senza perdere la nostra dignità.”