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Madrid ordina alla città di Jumilla di revocare il divieto di incontri religiosi nei centri sportivi

I sostenitori del partito spagnolo di estrema destra Vox sventolano bandiere durante una manifestazione a Murcia, in Spagna, 14 novembre 2018
I sostenitori del partito spagnolo di estrema destra Vox sventolano bandiere durante una manifestazione a Murcia, in Spagna, 14 novembre 2018 Diritti d'autore  Emilio Morenatti/Copyright 2018 The AP. All rights reserved.
Diritti d'autore Emilio Morenatti/Copyright 2018 The AP. All rights reserved.
Di Cristian Caraballo
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Il divieto, che riguarda i musulmani che celebrano le festività religiose nei centri sportivi della città sudorientale di Jumilla, è stato impugnato da Madrid

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Il governo spagnolo ha ordinato alla città di Jumilla di annullare il divieto di organizzare incontri religiosi negli impianti sportivi pubblici, definendo la misura discriminatoria nei confronti della comunità musulmana e contraria alla Costituzione.

Il provvedimento, approvato la scorsa settimana dal governo locale conservatore della cittadina di 27mila abitanti nella regione sudorientale di Murcia, era stato proposto da Vox e poi modificato e approvato dal Partito Popolare (PP) di centrodestra, a cui appartiene il sindaco Seve González. La norma vieta l’uso degli impianti sportivi comunali per “attività culturali, sociali o religiose estranee al Comune” e colpisce soprattutto la comunità musulmana, che da anni vi celebra le festività dell’Eid al-Fitr e dell’Eid al-Adha.

Il ministro dell’Immigrazione Elma Saiz aveva definito la decisione "vergognosa" e invitato le autorità locali a fare un passo indietro e a scusarsi. Lunedì, il ministro delle Politiche territoriali Ángel Víctor Torres ha annunciato su X che Madrid aveva formalmente intimato a Jumilla di revocare il divieto: "Non ci possono essere mezze misure quando si tratta di intolleranza. PP e Vox non possono decidere chi ha libertà di culto e chi no: è un diritto costituzionale".

La reazione del governo locale e della destra

Le autorità locali hanno difeso la decisione: il sindaco González ha dichiarato a El País che la norma non riguarda un singolo gruppo e mira a "promuovere campagne culturali che difendano la nostra identità". Vox, da parte sua, ha celebrato il provvedimento, ribadendo che "la Spagna è e sarà sempre una terra di radici cristiane" e che il Paese "non è Al Andalus", richiamando il nome storico della penisola iberica sotto dominio musulmano.

Il leader di Vox Santiago Abascal ha sostenuto che "gli spazi pubblici vanno protetti da pratiche estranee alla nostra cultura e al nostro stile di vita".

Mohamed El Ghaidouni, segretario dell’Unione delle comunità islamiche di Spagna, ha definito il provvedimento "islamofobia istituzionalizzata".

Anche l’inviato speciale Onu per la lotta all’islamofobia, Miguel Moratinos, si è detto scioccato e profondamente preoccupato per la crescita di retorica xenofoba in alcune aree della Spagna.

Un dibattito che interessa l’Europa

Il caso si inserisce nel più ampio contesto delle tensioni in Spagna su immigrazione e multiculturalismo, acuite dagli scontri del mese scorso a Murcia tra gruppi di estrema destra e residenti di origine straniera, seguiti all’aggressione di un anziano a Torre-Pacheco da parte di sospetti cittadini di origine marocchina.

Per secoli la Spagna è stata governata da dinastie musulmane, la cui eredità è visibile nella lingua e nei monumenti, come l’Alhambra di Granada. Il dominio islamico terminò nel 1492, con la caduta dell’ultimo regno arabo in mano ai cattolici.

Misure simili al divieto di Jumilla sono state adottate in altre parti d’Europa. In Italia, a Monfalcone (Friuli-Venezia Giulia), la sindaca di estrema destra Anna Maria Cisint ha vietato lo scorso anno le preghiere in un centro culturale frequentato da cittadini del Bangladesh, provocando proteste con oltre 8mila partecipanti e un ricorso legale da parte della comunità musulmana.

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