A Khan Younis colpite centinaia di persone in fila per cibo e beni di prima necessità. Testimoni parlano di un raid aereo seguito da spari. Critiche crescenti al sistema di distribuzione degli aiuti sostenuto da Israele e Usa
È salito a 59 morti e oltre 200 feriti il bilancio dell’attacco avvenuto martedì nella città meridionale di Khan Younis, nella Striscia di Gaza. Le vittime palestinesi si trovavano in fila in attesa dell’arrivo di camion delle Nazioni Unite e di fornitori commerciali, carichi di generi alimentari di prima necessità.
Lo ha riferito il ministero della Sanità palestinese su Telegram confermando i numeri forniti dall’ospedale Nasser di Khan Younis, dove sono stati trasportati corpi e feriti. Secondo testimonianze raccolte dall’Associated Press, le forze israeliane avrebbero prima colpito una casa vicina con un raid aereo, per poi aprire il fuoco sulla folla. L'esercito di Tel Aviv ha dichiarato che i soldati avevano individuato un assembramento vicino a un camion di aiuti che era rimasto bloccato a Khan Younis, vicino a dove stavano operando le forze israeliane.
La sparatoria non sembra essere collegata alla nuova rete di distribuzione degli aiuti umanitari sostenuta da Israele e Stati Uniti, la Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), operativa da maggio ma già segnata da controversie e violenze.
Secondo organizzazioni internazionali, le forze israeliane sono state più volte accusate di aprire il fuoco su folle che cercavano di raggiungere i punti di distribuzione gestiti dalla Ghf, causando decine di morti e centinaia di feriti. In quei casi, l’esercito ha dichiarato di aver sparato colpi di avvertimento contro persone che si sarebbero avvicinate "in modo sospetto" alle truppe.
Cresce la disperazione per il sistema degli aiuti
Israele sostiene che il nuovo sistema, gestito da un appaltatore privato tramite la Ghf, serva a impedire che Hamas intercetti gli aiuti per finanziare le sue attività militanti. Le agenzie Onu e le principali organizzazioni umanitarie negano che ci siano deviazioni significative degli aiuti e hanno respinto il nuovo sistema, affermando che non è in grado di rispondere ai bisogni crescenti della popolazione e che viola i principi umanitari, poiché consente a Israele di decidere chi ha accesso agli aiuti.
Da mesi, esperti e osservatori internazionali avvertono del rischio imminente di carestia in gran parte del territorio, dove vivono circa 2 milioni di palestinesi. La rete di distribuzione gestita dalle Nazioni Unite è attiva dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas, ormai giunta al 20esimo mese, ma ha incontrato crescenti ostacoli da quando Israele ha parzialmente revocato il blocco totale imposto da marzo a metà maggio.
Secondo l’Onu, le restrizioni militari israeliane, il collasso dell’ordine pubblico e i saccheggi diffusi rendono estremamente difficile distribuire gli aiuti, anche quelli a cui Israele ha formalmente dato accesso.