Al fine di colmare il vuoto militare lasciato dal ritiro dell'Iran e della Russia in Siria, il nuovo governo siriano starebbe negoziando diversi accordi con la Difesa turca. Lo scopo è di consolidare la propria posizione e di difendersi da eventuali attacchi israeliani
Il presidente ad interim della Siria, Ahmad Al Sharaa, noto anche con il nome di battaglia di Al Jolani ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan per discutere della ripresa economica della Siria e della presenza delle forze a guida curda nel nord del Paese, che la Turchia considera una minaccia per la sua sicurezza.
Al Sharaa è stato accolto dal presidente turco e da un piccolo gruppo della guardia d'onore all'ingresso del palazzo presidenziale. Una cerimonia di basso profilo rispetto a quella riservata ad altri capi di Stato, che di solito vengono accolti con bande militari e scortati da truppe di soldati.
L'ufficio presidenziale turco ha dichiarato che i colloqui si concentreranno sui passi da compiere per la ripresa economica della Siria e per la sua sicurezza e stabilità.
Secondo gli analisti il bilaterale è un'ulteriore conferma del ruolo preponderante di Ankara nella politica di Damasco. La Turchia - che ha fortemente sostenuto i gruppi ribelli durante i 13 anni di guerra civile - è considerata uno degli alleati chiave della nuova amministrazione e uno scenario di difesa congiunta mette in allarme sia le monarchie del Golfo sia Israele, che considera un eccessivo rafforzamento del Paese una minaccia alla sua supremazia nella regione.
Il sostegno della Turchia alla transizione in Siria
In un'intervista rilasciata a gennaio, il ministro della Difesa siriano Marhaf Abu Qasra ha dichiarato alla Reuters che la nuova amministrazione vorrebbe creare forti alleanze con le potenze del Medio Oriente.
Senza menzionare direttamente la Turchia, Abu Qasra ha aggiunto che il suo Paese accoglierebbe con favore partnership con chiunque relativa a settori come armamenti, addestramento, difesa aerea.
Gli accordi militari con Ankara includerebbero sia programmi d'addestramento delle truppe di Damasco che la creazione di basi turche in territorio siriano. Si tratterebbe della prima discussione di un accordo di questa portata. I negoziati non dovrebbero concludersi prima della prossima settimana.
Si parlerà anche dei piani di ristrutturazione della Difesa di Damasco: i gruppi armati che hanno deposto al Assad dovrebbero confluire nel nuovo esercito.
Basi militari: entra la Turchia, trattative per il ritiro dei russi
Secondo funzionari interpellati dall'agenzia di notizie britannica, verrebbero costruite due basi turche nel deserto della Siria, nella regione nota come al Badiya. In quelle zone potranno essere dispiegati in futuro jet da combattimento F-16.
Tra le possibili ubicazioni delle basi aeree includono l'aeroporto militare di Palmira e la base T4 dell'esercito siriano, entrambe situate nella provincia di Homs.
Lo scopo sarebbe continuare a fornire sostegno a Damasco. Sempre in questa direzione va l'addestramento dei soldati che verrà probabilmente contrattato nel vertice: lo scopo sarà anche di fornire equipaggiamento e assistenza in caso di attacchi da parte di Israele.
Sono stati richiesti anche droni, radar e sistemi di guerra elettronica per prepararsi a eventuali scontri con Tel Aviv. Un articolo del Washington Post ha rivelato che Israele sta costruendo basi militari nella zona cuscinetto delle alture siriane del Golan, rendendo la situazione ancora più incandescente.
Sembrerebbe che le basi turche diventeranno fondamentali nei prossimi anni per la difesa dello spazio aereo siriano.
La Russia, l'ex protettore del regime di Assad, sta invece trattando con la nuova amministrazione per negoziare il destino delle sue due basi navali a Tartus e Latakia.
La Turchia in Siria anche per contenere i curdi
La Turchia, membro Nato, ha per anni sostenuto l'opposizione al regime dell'ex presidente Bashar al Assad, prima del suo rovesciamento a fine dicembre da parte delle milizie di Hayat Tahrir al Sham, guidate proprio da Al Sharaa.
Oggi Ankara sta cercando di stabilire basi in Siria come messaggio ai combattenti curdi nel nord-est del Paese, noti come Unità di protezione del popolo (Ypg).
La Turchia considera lo Ypg un'estensione del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), con cui si scontra dal 1984 e che è considerato un gruppo terroristico sia da Ankara che dagli Stati Uniti, pur avendo attivamente collaborato alla lotta contro Isis.