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Migranti, Tribunale Bologna rinvia caso richiedente asilo del Bangladesh a Corte di Giustizia Ue

I primi 12 migranti che l'Italia ha inviato in un centro di accoglienza per richiedenti asilo a Shengjin, in Albania, sbarcano nel porto di Bari (19 ottobre 2024)
I primi 12 migranti che l'Italia ha inviato in un centro di accoglienza per richiedenti asilo a Shengjin, in Albania, sbarcano nel porto di Bari (19 ottobre 2024) Diritti d'autore  Valeria Ferrario/Copyright {yr4} The AP. All rights reserved
Diritti d'autore Valeria Ferrario/Copyright {yr4} The AP. All rights reserved
Di Gabriele Barbati
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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I giudici di Bologna hanno chiesto chiarimenti alla Corte di Lussemburgo su quale norma sia da applicare per i richiedenti asilo in Italia, se quella comunitaria o il recente decreto legge sui Paesi "sicuri" per il rimpatrio, approvato dopo il caso Albania

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ll Tribunale di Bologna ha rinviato alla Corte di Giustizia europea (Cge) il caso di un richiedente asilo in Italia, rimettendo ai giudici europei la questione della supremazia del diritto comunitario rispetto a quello nazionale, già sollevata da una sentenza a Roma che ha ordinato il ritorno di migranti inviati in Albania.

La norma messa in discussione è il decreto legge sui "Paesi Sicuri" approvato dal governo italiano a seguito della prima sentenza di Roma, seppure il caso del cittadino del Bangladesh che ha richiesto protezione internazionale in Italia e il relativo diniego risalgono a un mese prima dell'apertura dei centri di rimpatrio albanesi.

Cosa chiede il Tribunale di Bologna alla Corte di Lussemburgo

Il rinvio alla Cge chiede chiarimenti in merito al principio del primato dei diritto europeo quando si crea un contrasto con quello nazionale e quale sia il parametro per individuare i cosiddetti Paesi sicuri.

Il governo italiano è intervenuto sulla materia la settimana scorsa definendo un lista di 19 Paesi che soddisfano i criteri di sicurezza, tra cui figurano ancora Bangladesh ed Egitto, i Paesi da cui provenivano i primi migranti spediti nei centri di rimpatrio albanesi.

La definizione da parte dell'Ue delle condizioni richieste per il ritorno di un migrante nel Paese di origine, dopo la negazione o la perdita della protezione internazionale, è contenuto nella cosiddetta Direttiva Procedure sulla protezione internazionale del 2013.

Nel ricorso, i giudici bolognesi richiamano in particolare le fattispecie in cui le richieste di protezione sono motivate da persecuzioni nei Paesi di provenienza contro le comunità Lgbtqi+, le minoranze etniche e religiose, le vittime di violenza di genere, senza dimenticare gli sfollati climatici.

Il presidente del Tribunale di Bologna, Pasquale Liccardo, ha giustificato la decisione con l'obiettivo di garantire un'applicazione uniforme del diritto dell'Unione Europea. Ma la maggioranza di governo ha subito reagito.

"Non possono esserci giudici che smontano la sera quello che altri fanno la mattina. Siamo anche stufi di lavorare, come ci chiedono i cittadini, per portare più sicurezza, per avere poi qualche giudice comunista, questo è, che ritiene che i confini non servano e che le leggi non servano, e che ognuno ha diritto a fare quello che vuole" ha detto sui social media il vicepremier italiano e leader della Lega (nel gruppo Patrioti per l'Europa all'Europarlamento), Matteo Salvini.

"Si vedrà quali saranno i pronunciamenti ed eventuali impugnazioni che potranno essere fatte", ha detto invece il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, rispondendo ad una domanda dei giornalisti mercoledì a Campobasso.

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