Il reportage di Euronews dal porto di Trieste, il principale scalo petrolifero italiano sempre più dipendente dal traffico marittimo internazionale
Si tratta dell’hub per i commerci globali maggiormente interconnesso con il resto d’Europa: stiamo parlando del porto di Trieste, il primo porto ferroviario del continente con un bacino di mercato per il 90 per cento localizzato fuori dall’Italia.
Se con la guerra in Ucraina il porto italiano è diventato l’accesso all’Europa orientale, la crisi nel Mar Rosso potrebbe danneggiare anche lo scalo portuale italiano del nord-est, cresciuto a dismisura negli ultimi anni.
Tra le conseguenze principali dei raid di Stati Uniti e Regno Unito sulle basi degli Houthi in Yemen, in risposta agli attacchi alle navi nel Mar Rosso, ci sono i tempi più lunghi delle rotte commerciali. Nonostante quella del Canale di Suez sia infatti una delle vie fondamentali per il commercio globale, nelle ultime settimane molte imbarcazioni stanno scegliendo di evitarla a causa della insicurezza dell'area e degli alti costi delle assicurazioni.
Il porto di Trieste
Il 40 per cento dell’import-export italiano passa dal Mar Rosso (circa il 12 per cento di quello mondiale) con un giro di affari di miliardi di euro - il traffico lungo la rotta che passa per il Canale di Suez sarebbe già diminuito di circa la metà dall'intensificarsi della crisi nell'area.
Per quanto riguarda l'Italia i porti di Taranto, Gioia Tauro, Genova e Brindisi potrebbero subire le conseguenze più gravi del blocco o della minore operatività dello stretto di Bab al Mandeb che collega l’Europa all’Asia orientale.
Diverso il caso di Trieste: l’aumento delle navi che devono affrontare un percorso più lungo non è infatti un problema per l'hub italiano. Secondo gli esperti a preoccupare sono gli scenari a lungo termine.