L'Opec estende i tagli alla produzione di greggio anche per il 2024

Braccio di ferro a Vienna tra Russia e Arabia Saudita per i nuovi tagli alla produzione di petrolio
Braccio di ferro a Vienna tra Russia e Arabia Saudita per i nuovi tagli alla produzione di petrolio Diritti d'autore Lisa Leutner/Copyright 2022 The AP. All rights reserved
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Di Gianluca Martucci
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L'obiettivo è ridurla fino alla fine dell'anno prossimo a 40,46 milioni di barili al giorno, 1,4 in meno rispetto a quanto attualmente concordato. Riyad da parte sua taglierà ancora

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Dopo sette ore di colloqui e diversi incontri in formato ristretto per superare le divergenze, i Paesi dell'Opec+ (che riunisce i 13 Stati dell'organizzazione e altri 10 alleati, tra cui la Russia), hanno trovato l'accordo per raggiungere l'obiettivo di ridurre la produzione di petrolio a 40,46 milioni di barili al giorno entro l'inizio del 2024 e mantenerla a questi livelli per tutto il prossimo anno.

Si tratta di un ulteriore taglio di 1,4 milioni di barili rispetto alla quantità totale attualmente prodotta dal gruppo, che pesa per il 40% della produzione mondiale di greggio. E l'Arabia Saudita da parte sua ha annunciato un nuovo calo di 1 milione di barili al giorno a partire dal prossimo luglio per dare una spinta all'insù ai prezzi sempre più in calo negli ultimi mesi.

Nessun intervento coordinato nell'immediato, quindi, ma un semplice impegno che serve a "offrire una guidance di lungo termine per il mercato" e che è "in linea con l'approccio di successo dell'anticipare e dell'essere proattivi", si legge in una nota diffusa al termine dalla riunione.

Il compromesso che vince

La Russia ha garantito fino alla fine del 2024 il suo taglio alla produzione volontario di 500 mila barili al giorno. Gli Emirati Arabi Uniti hanno ottenuto un aumento delle loro quote per il 2024. Nigeria e Angola hanno accettato di abbassare la loro baseline di riferimento, cioè la quantità di produzione di partenza da cui calcolare i tagli.

I due Paesi non hanno raggiunto i livelli di capacità produttiva dichiarati precedentemente per mancanza di investimenti nelle infrastrutture, e così non hanno neanche potuto rispettare gli impegni concordati per i tagli alla loro produzione. Ma hanno cercato fino all'ultimo di resistere a qualsiasi ipotesi di riduzione reale dei barili prodotti.

La riunione è stata una delle più difficili degli ultimi anni viste le tensioni tra l'Arabia Saudita e la Russia sui precedenti tagli decisi. Cercando di smorzare la tensione Alexander Novak, il vice primo ministro russo incaricato per le risorse energetiche, ha precisato che l'estensione dei tagli da parte dell'Opec+ "assicura la stabilità del mercato".

I colloqui si sono svolti in un momento di incertezza sulle prospettive dell'economia globale intrappolata dalla bassa crescita dei Paesi più ricchi e dai rialzi dei tassi di interesse che le principali banche centrali del mondo stanno perseguendo per contenere l'inflazione. La mancanza di segnali chiari rende imprevedibile il ritorno a una crescita della domanda di carburante.

I produttori assistono da tempo all'inesorabile perdita di potere dei ricavi ottenuti con la vendita di greggio. In più, i prezzi del petrolio sono scesi anche dopo che l'OPEC+ ha deciso di tagliare la produzione di 2 milioni di barili al giorno a ottobre 2022. 

Il Brent di riferimento internazionale è salito fino a 87 dollari al barile, ma negli ultimi giorni ha rinunciato ai guadagni successivi al taglio e si è attestato al di sotto dei 75 dollari al barile. Il greggio statunitense è sceso sotto i 70 dollari.

Diversi membri dell'OPEC, Arabia Saudita in primis, hanno ulteriormente forzato la mano con un taglio a sorpresa di 1,16 milioni di barili al giorno lo scorso aprile. Uno scenario che ha intaccato anche le relazioni internazionali con gli Stati Uniti del presidente Joe Biden, infuriato per una mossa che potrebbe ritardare il rilancio dell'economia americana.

L'incertezza che favorisce Mosca

A beneficiare della situazione generale è soprattutto la Russia, che sta trovando nuovi clienti in India, Cina e Turchia. Le sanzioni occidentali per la guerra in Ucraina hanno costretto Mosca a vendere il suo petrolio a 53-57 dollari al barile.

Questo permette a Mosca di vendere al di sotto dei 60 dollari al barile imposto dal G7 e di continuare ad avere risorse per sostenere un'economia compromessa dalle sanzioni imposte dall'Occidente per l'invasione dell'Ucraina. Il tetto al prezzo, di fatto, consente al terzo produttore mondiale di petrolio di continuare a rifornire i clienti non occidentali. L'azione di Mosca indirettamente permette anche di evitare una carenza globale che farebbe salire i prezzi per tutti. E qui si innesca il conflitto con i sauditi.

Ma la Russia ha trovato anche il modo di eludere i limiti attraverso le petroliere della "flotta oscura", che manomettono i transponder che indicano la loro posizione o trasferiscono il petrolio da una nave all'altra per mascherarne l'origine.

La posizione di Mosca è dovuta alla preoccupazione che un nuovo taglio della produzione da parte dell'OPEC+ possa spingere il prezzo del petrolio russo al di sopra del tetto di 60 dollari al barile fissato dal G7.

Riyad invece è interessata a mantenere elevato il prezzo del petrolio. Secondo indiscrezioni, il bilancio della Stato è basato su un prezzo medio di 81 dollari al barile, un livello che dovrebbe essere mantenuto per anni per consentire al Paese di portare a termine i suoi ambiziosi progetti.

Gli analisti però sono convinti che il trend al ribasso continuerà. "I venti contrari che hanno soffiato sull'economia nelle ultime settimane hanno messo sotto significativa pressione i mercati petroliferi", affermano alcuni osservatori. Sulle quotazioni pesano anche i rialzi dei tassi delle banche centrali: le strette frenano.

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