Beirut: crollano i resti del porto, manifestanti contro l'élite al potere

Per le famiglie delle 244 vittime che due anni fa hanno perso la vita nel disastro del porto di Beirut questi silos erano un simbolo della tragedia. Ora, due anni dopo, vengono giù anche loro: il grano rimasto dentro fermenta, alimenta incendi. Domenica ne è venuto giù uno, questo giovedì un altro.
Il crollo proprio mentre i primi manifestanti iniziano ad arrivare in zona per il secondo anniversario della drammatica esplosione di un deposito di nitrato d'ammonio che sventrò il porto e mezza Beirut il 4 agosto2020 facendo sprofondare definitivamente il Paese sull'orlo del fallimento.
I manifestanti all'élite al potere: "Terroristi"
Oggi i manifestanti chiedono verità, giustizia, contestano una classe politica che ritengono inadeguata e chiamano "terrorista" e corrotta. Per le vie di Beirut si scontrano con la polizia che li disperde con bombe assordanti.
Un giudice, **Tareq Bitar,**aveva inquisito 9 alti funzionari nell'ambito dell'inchiesta sul disastro del porto: ai piani alti dell'apparato statale si sapeva che materiale pericoloso era stoccato male, è l'ipotesi, ma il giudice è stato messo di fatto a tacere, l'inchiesta ristagna tanto che anche l'Onu ha chiesto un'indagine internazionale indipendente e oggi anche il presidente del consiglio europeo Charles Michel dice che è tempo di verità.
Dopo due anni nessuna svolta nell'inchiesta
Le indagini sulla tragedia che ha prodotto anche migliaia di feriti, alcuni dei quali sfigurati per sempre, sono state sospese dallo scorso dicembre a causa delle istanze presentate da ex indagati di alto rango; il lavoro del giudice ha subito "ripetutamente" ostacoli, secondo vari attivisti dei diritti umani.
Le tonnellate di nitrato di ammonio esplose a Beirut erano state immagazzinate per anni in un capannone portuale senza misure di sicurezza e leader come il presidente libanese, Michel Aoun, e l'allora primo ministro Hasan Diab, hanno riconosciuto di aver saputo della loro esistenza prima la tragedia.