La perdita della neutralità politico-militare di Finlandia e Svezia

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Anche se i due Paesi hanno effettuato frequenti esercitazioni insieme alla Nato, c'era una sensazione di sicurezza nell'aria, almeno sino all'annessione russa della penisola ucraina di Crimea nel 2014

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L'invasione russa dell'Ucraina ha sotanzialmente modificato la neutralità storica di Finlandia e Svezia, un principio che le ha tenute fuori dalle controversie e dalle guerre internazionali per decenni.

I motivi che le hanno portate a questo sono abbastanza diversi, ma per entrambe hanno a che fare con la Russia.

La Svezia abbracciò la neutralità all'inizio del XIX secolo dopo aver subito una traumatica sconfitta durante le guerre napoleoniche, in cui perse numerosi possedimenti, inclusa la Finlandia, che divenne parte della Russia.

Anche l'invasione della Finlandia da parte dell'Unione Sovietica nel 1939 fu traumatica: nonostante le truppe finlandesi riuscirono a fermare l'avanzata dell'Armata Rossa, la Finlandia perse la Carelia, il 10% del territorio con cui proclamò la propria indipendenza nel 1917.

Da allora i suoi confini furono instabili e l'invasione sovietica del 1939 spinse il governo di Helsinki ad allearsi con la Germania nazista, una scelta che finì per pagare perdendo ancora più possedimenti.

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, ha quindi accettato di essere un Paese neutrale, in cambio del mantenimento della sua autonomia politica.

Durante la Guerra Fredda, la neutralità ha permesso a Svezia e Finlandia di mantenere buone relazioni con l'Occidente e il blocco sovietico e di mediare tra loro, se necessario.

Ma dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 e la successiva scomparsa dell'URSS nel 1991, entrambi i Paesi si sono "rivolti" all'Occidente.

La neutralità politica era stata infranta, ma quella militare era ancora in vigore: anche se hanno effettuato frequenti manovre militari insieme alla Nato, c'era una sensazione di sicurezza nell'aria, almeno sino all'annessione russa della penisola ucraina di Crimea nel 2014.

L'invasione dell'Ucraina il 24 febbraio scorso, poi, ha fatto scattare tutti i campanelli d'allarme: Mosca è stata accusata di aver cercato di riscrivere l'esito della Guerra Fredda, di ridisegnare le mappe e reintegrare ai suoi confini i territori che in passato erano sotto il proprio dominio.

Da un giorno all'altro, in entrambi i Paesi andava diffondendosi una corrente di opinioni nettamente favorevoli all'adesione alla Nato: i governi hanno sondato i partiti politici e il sostegno è stato quasi unanime.

I rispettivi parlamenti hanno ratificato senza problemi la decisione di chiedere l'adesione a un'alleanza militare che garantisca loro protezione in caso di attacco da parte di un Paese terzo.

Dopo che le formalità legali sono state rapidamente risolte, il 18 maggio i due Paesi hanno presentato congiuntamente la richiesta di aderire all'Alleanza Atlantica.

La decisione è stata accolta favorevolmente da tutti i membri tranne la Turchia, che li rimprovera, in particolare la Svezia, per l'accoglienza riservata agli attivisti curdi del PKK.

Questa, sinora, è stata l'ultima pietra di una lungo cammino finalizzato alla sicurezza, percorso all'ombra oscura del gigante russo.

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