"Solo la Turchia può riaprire la via del grano"

Vladimir Putin, presidente della federazione russa, e Recep Tayyip Erdogan, presidente turco
Vladimir Putin, presidente della federazione russa, e Recep Tayyip Erdogan, presidente turco Diritti d'autore AP/AP
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Di Samuele DamilanoSergio Cantone
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Ankara è stata scelta a capo della missione di sminamento dei porti ucraini. Ma dal 24 febbraio, sembra l'unica potenza in grado di mediare tra Russia da una parte e Ucraina, supportata da Ue e Nato

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Il mondo si è affidato alla Turchia per la ripresa del commercio marittimo del grano proveniente dall’Ucraina. Ankara a capo dell’operazione di sminamento del Mar Nero, in particolare delle “conchiglie” esplosive nel porto di Odessa, con il consenso di Putin e Zelensky e il riconoscimento da parte dell’Onu. Sarà la Marina turca, con eventuale supporto di altri Paesi, tra cui l’Italia, a trasportare fino allo stretto del Bosforo le navi che trasportano grano, mais, orzo e girasole.

Dal 24 febbraio, in generale, Erdogan si è posto come interlocutore privilegiato tra i due schieramenti, Russia da una parte e Ucraina, Ue/Nato dall’altra. È di poche settimane fa l’incontro tra il ministro degli esteri turco e quello russo, benché considerato un buco nell’acqua.

È stato Hulusi Akar, ministro della Difesa turco, dopo la due giorni dei ministri della Difesa della Nato a Bruxelles, il 15 e 16 giugno, a garantire che le quindici navi cariche di grano ormeggiate nei porti ucraini verranno sbloccate a breve per riprendere il commercio: tutto il grano che va verso il “sud del mondo” è russo perché il blocco navale ha strozzato il 90% di esportazione ucraina, cosi’ in questi primi mesi del 2022 l’esportazione di cereali di Mosca è cresciuta del 18%, quella di Kiev è scesa del 32%.

L’interesse della Turchia

L’annuncio di Akar è arrivato negli stessi giorni in cui la crisi economica turca assume il volto delle centinaia di medici costretti a fuggire per la mancanza di opportunità e i salari da miseria, e il tasso di inflazione sale al 70%, livello più alto da qui a due decenni.

“Per la Turchia è fondamentale raggiungere il prima possibile una soluzione alla crisi del grano”, afferma a Euronews Alì Faik Demir, vice capo del dipartimento di relazioni internazionali dell’Università di Galatasaray.

“Si pone da mediatrice perché è l’unico Paese ad avere buone relazioni diplomatiche con entrambe le fazioni. Ma una risoluzione della crisi rientra in primis nei suoi interessi”.

Secondo l’istituto di statistica nazionale, la Turchia importa il 78% del suo grano tenero da Russia (64.6) e Ucraina (13.4), che insieme forniscono il 29% di esportazioni a livello mondiale. 

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Le importazioni di grano in Turchia da Ucraine e RussiaEuronews

Dall’inizio dell’invasione, 20 milioni di tonnellate sono rimaste bloccate nei silos ucraini, causando un aumento dei prezzi a livelli record, con 100 milioni di persone in più che non possono soddisfare le loro esigenze alimentari, secondo il Fondo monetario internazionale.

In Turchia, la lira si è deprezzata del 10% solo tra il 31 gennaio e il 14 marzo.

Se il blocco delle importazioni di grano dovesse perdurare ancora a lungo, Erdogan si troverebbe costretto a rivolgersi ad Australia e Stati Uniti, con un significativo aumento del prezzo dovuto al trasporto. Da qui l’impegno a riaprire il corridoio marittimo sul Mar Nero, in cui la Turchia gioca un ruolo fondamentale, riconosciutogli sia dalla Russia che dalla Nato.

“Solo Ankara può svolgere questo ruolo”

Zelensky considera Erdogan il mediatore più affidabile, Putin sa che la dipendenza economica della Turchia dalla Russia smusserà l’assertività del sultano.

I rapporti economici con la Russia si sono strutturati nel corso degli anni secondo quella che gli esperti chiamano “interdipendenza asimmetrica”, sbilanciata a favore del Cremlino, primo fornitore di gas del Paese con il 33% degli approvvigionamenti.

La società russa Rosatom sta sviluppando la prima centrale nucleare in Turchia, che dovrebbe produrre circa il 10% del fabbisogno di elettricità del Paese a partire dal 2025. 

La Russia è anche il terzo partner commerciale della Turchia, con un import-export di 34,7 miliardi di dollari nel 2021, di cui 29 di importazioni turche.

Per quanto riguarda i rapporti con Kiev, a legare i due Paesi c'è anche una consistente comunità del gruppo etnico dei tatari, di origine turca, in particolare in Crimea, e solidi legami economici.

Dal 2020 Ankara è divenuta il principale investitore straniero in Ucraina, e nel 2021 le relazioni si sono ulteriormente consolidate tramite la ratifica di un patto che prevedeva la fornitura da parte della Turchia di 18,5 milioni di dollari in aiuti militari, soprattutto quei droni che ha continuato a fornire nel corso della guerra.

Gli “Hunger games”

“Per tutti questi motivi la Turchia è l’unico paese che può dare una svolta per riaprire i corridoi del grano”, sostiene Farik Demir.

Anche perché altre soluzioni per ora non sembrano percorribili. Una missione militare coordinata dalla Nato per scortare i cargo necessiterebbe comunque dell’appoggio di Erdogan, per il potere conferitogli dalla Convenzione di Montreaux del 1936 di bloccare il passaggio delle navi militari attraverso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli.

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“La difficoltà nell’attuare questa missione consiste nell’equilibrare i Paesi partner a sostegno di Ucraina o Russia”, spiega a Euronews Demir Murat Seyrek, membro dell’European foundation for Democracy.

“Per la prima è facile, tutto l’occidente condanna l’invasione di Putin, che però così rischia di rimanere isolato e, di conseguenza, meno propenso a trovare un compromesso”. Una delle pretese di Putin che sta ritardando l’avvio dell’operazione di sminamento e di ripartenza dei cargo ucraini è proprio il monitoraggio da parte di militari russi, osteggiato da Zelensky. 

Quel che è certo, sostiene Seyrek, è che “lo zar” a un certo momento sarà costretto a sbloccare il commercio del grano. “Da una parte ha gestito male la guerra con evidenti errori di calcolo, soprattutto nelle prime settimane; dall’altra, non vuole perdere l’immagine di grande potenza, né tanto meno può permettersi di rimanere isolato così a lungo, dal punto di vista economico e geopolitico”.

Al contrario, sostiene in un’analisi Eduard Lucas, esperto di Russia del Center for European Policy Analysis, Putin starebbe giocando agli “hunger games”: “Non è l’arsenale militare l’arma più potente di Vladimir Putin, bensì la minaccia dell’immigrazione e del disagio provato dallo sconvolgimento delle catene di approvvigionamento di cibo verso l’Africa e il Medio Oriente. 

Putin nei giorni scorsi, in seguito alle dichiarazioni di Hakar, ministro della difesa turco, si è detto propenso a sbloccare la situazione, ma al contempo pretende che l’Ucraina tolga le mine dai suoi porti e, soprattutto, di istituire una sorta di check-point sulle navi cargo per evitare il traffico di armi con l’occidente

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La dipendenza dai prodotti alimentari provenienti da Russia e UcrainaEuronews

“È facile immaginare che la Russia trovi un'irregolarità nei documenti, confischi la nave e la spedisca a Sebastopoli”, dice Marcus Faulkner, esperto navale al dipartimento degli studi di guerra del King’s College a Londra. E, sostiene Hakar, anche l’operazione di sminamento non sarebbe così fondamentale.

“Il vero obiettivo di Putin consiste nell’alleggerimento delle sanzioni”, dice anche Faik Demir. “L’ostacolo principale, arrivati a questo punto, è la fiducia reciproca: Zelensky non si fida delle intenzioni di Putin, che nessuno tranne lui conosce veramente. È proprio qui che si rivela l’importanza di un mediatore, che risponde, appunto, al nome di Erdogan”.

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