Ancora una protesta in Serbia contro i progetti estrattivi della multinazionale Rio Tinto. "Devastano il Paese" dicono i manifestanti
Da una parte la multinazionale anglo-australiana Rio Tinto.
Dall'altra i cittadini di Loznica, territorio serbo al confine con la Bosnia.
La solita lotta impari per dire no al progetto Jadar, che investe 450 milioni di dollari per l'estrazione della jadarite e la produzione di litio, fondamentale per le batterie delle auto elettriche.
Un cantiere che dovrebbe aprire nel 2023, se tutte le perplessità legate all'impatto ambientale dovessero essere archiviate.
Le ragioni dei manifestanti contro il progetto estrattivo
Anja Stefanovic ha aderito al presidio per bloccare le strade del Paese: "La situazione in Serbia per quanto riguarda la protezione dell'ambiente è completamente sfuggita di mano, perché non c'è un solo posto in cui gli investitori locali o internazionali non stiano devastando - dice - Il progetto Jadar è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, semplicemente non possiamo più sopportarlo".
Anche Suzana Lazarevic manifesta contro il progetto di Rio Tinto: "Siamo venuti qui a bloccare la strada con i nostri corpi per mandare un messaggio: non siamo disposti a svendere il nostro Paese, a lasciarlo inquinare, a sacrificare per il profitto di società straniere e multinazionali qualcosa che è nostro e per cui il sangue dei nostri antenati è stato versato".
Se arrivasse l'esproprio dei terreni?
Molti abitanti delle zone interessate dai progetti estrattivi si sono rifiutati di mettere in vendita le loro proprietà; il Parlamento potrebbe però autorizzare l'esproprio per interesse pubblico.
La Serbia ha potenzialmente i più grandi giacimenti jadarite (da cui si produce il litio) in Europa, pari al 10 per cento delle riserve mondiali.