Il coraggio delle donne afghane in piazza a Kabul. Si attende l'annuncio del nuovo governo talebano

La protesta delle donne a Herat, Afghanistan
La protesta delle donne a Herat, Afghanistan Diritti d'autore -/AFP or licensors
Di euronews
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Immagini ed interviste esclusive di Euronews dal centro della capitale. Intanto una tv privata "di grido" elimina sceneggiati e musica dal palinsesto, resistono (per ora) le presentatrici

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In attesa dell'annuncio del nuovo governo afghano, che scoprirà finalmente le carte in tavola, molti interrogativi restano in sospeso. Uno su tutti: i talebani permetteranno in futuro cose come questa? Donne che protestano per le strade dell'Afghanistan, chiedendo di essere incluse nell'esecutivo?

Decine di impavide attiviste sono scese in piazza ad Herat e a Kabul: tra loro studentesse, giornaliste e chi per anni ha lavorato nelle istituzioni, prima della presa del potere.

Sugli striscioni stretti nelle loro mani si legge: "Non abbiate paura. Siamo insieme". Chiedono istruzione, lavoro e sicurezza. E di essere incluse nel potere decisionale del Paese.

Euronews a Kabul

Per le strade di Kabul, questo venerdì, una dimostrazione di coraggio da parte di coloro che possono perdere di più con i talebani al potere. Le donne afghane. 

"Una società senza donne è una società morta", dicono le manifestanti secondo le quali per loro la posta in gioco non è mai stata così alta. E adesso devono farsi sentire, almeno fino a quando potranno farlo.

"Siamo tutti uguali - dice una delle tante manifestanti nelle immagini ed interviste esclusive di Euronews - dobbiamo avere la possibilità di partecipare alle decisioni, alla politica, all'istruzione, al lavoro: tutti qui hanno diritti, non possiamo star zitte a casa nostra.

"Dopo che il governo sarà stabilito, i talebani non si fideranno di noi, non ci permetteranno nulla, saranno gli stessi talebani di 20 anni fa."

"Non possiamo fidarci di loro: se gli Stati Uniti e altri Paesi si fidano, perché hanno evacuato la loro gente? Questo mi spaventa, spaventano tutte le donne qui".

"Molti qui incolpano la comunità internazionale per aver abbandonato l'Afghanistan - dice la giornalista Anelise Borges - e per non essersi assicurati che i diritti fossero rispettati."

Una accanto all'altra queste manifestanti camminano verso il Ministero degli Interni.  "Qui per le strade della capitale, racconta la Borges, abbiamo visto molti membri talebani per strada dire a queste donne che non devono stare qui, devono andare a casa, perché e a casa il loro posto."

Intanto, la tv privata più popolare del Paese ha sostituito sceneggiati e spettacoli musicali con programmi "su misura". Diretta conseguenza del fatto che i talebani hanno emanato direttive secondo cui i media non debbono contraddire le leggi islamiche o danneggiare l'interesse nazionale.

Intanto i talebani, ormai onnipresenti nelle strade di Kabul, si sforzano di rassicurare il mondo. Molti di loro sono contenti di sorridere e parlare alle telecamere. Come un combattente che spiega ai nostri microfoni di avere un messaggio per le persone che sono fuggite dal paese. “Voi che avete lasciato il paese tornate in Afghanistan. Insieme ricostruiremo il paese. È il nostro paese. Lo faremo per l'Islam. È un nostro dovere.”  

Ancora in onda, per ora, le presentatrici.

L'Afghanistan è ancora fortemente dipendente dagli aiuti umanitari e l'eventuale non riconoscimento del suo regime potrebbe facilmente sfociare nel collasso economico.

L'attesa dei governi occidentali

I Paesi occidentali aspettano l'annuncio per decidere come stabilire relazioni diplomatiche o di altro tipo con il nuovo potere di Kabul.

"Dobbiamo impegnarci con i talebani per molte questioni. In primo luogo, come li aiutiamo? Come possiamo portare aiuti umanitari?", dice Josep Borrell, Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Ue. "Secondo: come possiamo occuparci delle molte persone che sono disposte a partire e che non hanno potuto prendere posto sugli aerei che lasciavano Kabul fino alla settimana scorsa?".

Per il premier britannico Boris Johnson le priorità sono chiare: "Dobbiamo assicurarci di essere al livello dei talebani o delle nuove autorità di Kabul e loro devono capire che se vogliono impegnarsi con l'Occidente, con noi e i nostri amici - e so che lo vogliono - allora la priorità per noi è un passaggio sicuro per coloro che vogliono partire".

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