Tensioni Ungheria - UE: quanto danneggiano le destre europee?

Balász Hidvéghi - Fidész
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Di Alberto De FilippisDiego Malcangi
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Governo ungherese sempre più ai ferri corti con Bruxelles e con le forze progressiste europee: i toni accesi e le dispute continue finiscono per ostacolare i tentativi di aggregazione dei sovranisti europei? Lo abbiamo chiesto a un eurodeputato di Fidesz e uno della Lega

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A margine del dibattito sulla contestata legge ungherese, ci siamo chiesti quanto possa pesare la marginalizzazione ungherese: cioè, per dirla in termini più politici, quanto le frizioni del governo ungherese con Bruxelles non finiscano per rendere difficili anche i movimenti delle destre sovraniste in Europa, quei tentativi di aggregazione non più solo estemporanea per controbilanciare quello che a loro, ai sovranisti, sembra essere uno stra-potere degli euro-socialisti senza una reale base elettorale.

L'esempio più recente è quello della Carta dei Valori firmata anche da Matteo Salvini e Giorgia Meloni, in evidente appoggio al capo del governo ungherese Viktor Orban, quantomeno nella parte in cui si dice un chiaro "no" a un super-Stato europeo e si chiede più rispetto per gli Stati nazionali. Se per la leader di Fratelli d'Italia questo non rappresenta un problema, perché si trova all'opposizione sia in Italia che in Europa, la Lega fa invece parte del governo Draghi insieme a forze che si vogliono ben più europeiste, e non è in effetti mancata la reazione del PD. E in Europa la Lega sta da tempo cercando una normalizzazione, quantomeno nei rapporti con il PPE e quindi con l'ala conservatrice moderata.

Appoggiare Orbán da una parte e nel contempo strizzare l'occhio al PPE dal quale lo stesso Orbán è uscito prima di essere espulso sembrerebbe richiedere un certo equilibrismo.

Quanto complesso sia, abbiamo tentato di farcelo spiegare dalla Lega e da Fidész, il partito di Orbán. Le due interviste sono state realizzate da Alberto De Filippis, proprio a margine del dibattito di Strasburgo sulla nuova legge ungherese, ritenuta omofobica dai progressisti ungheresi ed europei e difesa invece dal governo di Budapest come norma a tutela dei minori.

È Balász Hidvéghi, euro-deputato di Fidész, a spiegarci il punto di vista del suo governo:

"Quello di oggi è un nuovo attacco politico e un ulteriore tentativo di ricatto al governo ungherese, e in questo caso al Parlamento, per aver approvato una legge che ad alcuni a Bruxelles non piace. Questa legge intende proteggere i bambini in vari modi, tra i quali anche assicurandoci che l'educazione rimanga nelle mani dei loro genitori e del sistema scolastico, e che non sia invece fatta da varie forme di ONG e di gruppi di pressione".

"L'educazione è una competenza nazionale, le decisioni sull'educazione e i suoi contenuti ricadono nella sfera decisionale degli Stati membri, e queste cose hanno a che fare con l'identità culturale, le tradizioni, ed è molto importante che lì rimangano. Quindi Bruxelles in questo caso non ha nessun ruolo, e certo non per dire ai genitori e agli Ungheresi in generale che cosa debbano pensare sulla sessualità, sul matrimonio, come educare i loro bambini. Questa è nostra responsabilità, e il governo ha il dovere di proteggere i bambini da ogni forma di influenze non desiderabili".

Lasciando da parte l'ideologia e quello che ciascuno crede: non temete che possano davvero bloccarvi i fondi, gli aiuti europei, a causa delle relazioni difficili tra il vostro governo e Bruxelles?

"Senta: la cooperazione europea dovrebbe fondarsi sul rispetto reciproco, e sulla fiducia. Non sulle divisioni, e certamente non sul ricatto ideologico. Non si può imporre a tutti con la forza un sistema di valori. Le persone sono libere di pensare quello che vogliono, anche in questo Parlamento c'è una varietà di punti di vista, ma dovremmo rispettarci l'un l'altro. Quindi non acceteremo mai che dei burocrati da Bruxelles ci dicano cosa pensare del mondo, e come vivere in ogni dettaglio la nostra vita: sta a noi decidere. Quindi, quanto al rischio di perdere i fondi: se a Bruxelles rispettano i Trattati, se rispettano la lettera e il senso dei Trattati, allora dovrebbero smettere di ricattare un qualsiasi Stato membro per questioni di divergenze politiche. Noi stiamo sul campo, diremo la nostra, risponderemo ad ogni domanda e se necessario andremo in tribunale".

Voi però avete delle relazioni consolidate con partiti come la Lega: a quanto pare Salvini sta tentando un avvicinamento al PPE. Non pensa che divenga più complicato per i leghisti stare dalla vostra parte mentre tenta di sedurre il PPE che è molto critico nei vostri confronti?

"E noi siamo molto critici nei confronti del PPE, e con le nostre buone ragioni. Ma mi lasci dire una cosa: i partiti europei, o i gruppi, non sono un fine. Sono un mezzo. Quindi quello che importa per i partiti di destra, conservatori cristiano-democratici, è rafforzarsi, parlare direttamente agli Europei, ottenere maggior supporto e collaborare al servizio dell'interesse comune. E l'interesse comune consiste nel mantenere Stati nazionali forti in Europa, che si rispettino e collaborino su base democratica, cioè di rispetto reciproco".

"Se fanno questo, l'Europa sarà più forte e avrà più successo, e qualunque gruppo parlamentare, qualunque collaborazione sia necessaria per ottenere questo, siamo pronti a farlo. Siamo aperti a trattare con la Lega, per la quale abbiamo molto rispetto, come ne abbiamo per Salvini: credo sia stato un ottimo ministro, da ministro dell'Interno ha mostrato una via diversa a tutta l'UE sulla gestione dell'immigrazione e degl ingressi illegali, è stato un modello per l'Europa. Abbiamo un profondo rispetto per lui, ma anche per altri: in Italia per esempio per Giorgia Meloni, e poi ci sono altri in giro per l'Europa, con i quali stiamo studiando i modi per collaborare, su una base di uguaglianza e nel senso di una buona cooperazione".

Sugli stessi temi abbiamo sentito anche l'opinione di un eurodeputato leghista, Paolo Borchia:

Alcuni vedono una contraddizione nel tentativo di avvicinamento al PPE, appoggiando nello stesso tempo una persona come Orbán: lasciando da parte l'ideologia, può essere un errore strategico?

"Il messaggio portato avanti dalla Lega negli ultimi anni non è un messaggio che sia del tutto aderente a quella che è stata la linea portata avanti dal PPE, specialmente dall'inizio di questa legislatura del Parlamento. Abbiamo visto un PPE eccessivamente appiattito sulla linea dei gruppi di sinistra, per cui non credo sia rispettoso per il mandato che abbiamo ricevuto dai nostri elettori - ma parlo sia per noi, sia per tutti i gruppi di centrodestra - voler ottenere il consenso degli elettori di centrodestra ma poi governare con il centrosinistra: penso che sarebbe un grosso problema per la democrazia".

Si sta formando una coalizione conservatrice diversa, che potrebbe avere anche un ruolo all'interno dei popolari e non soltanti nei gruppi ECR? Slovenia, Ungheria, Polonia: potrebbero uscire dal ghetto in cui dicono che essi stessi si sono messi?

"Fondamentalmente, penso che stia emergendo da parte di alcuni paesi la sensazione che da un lato si deve preservare l'identità e dall'altro lato quelli che sono i dettami di Bruxelles iniziano a diventare un po' troppo invasivi: quindi in ottica futura chiaramente la creazione di un centro-destra alternativo rispetto al PPE, un centrodestra maggiormente identitario e attento ai principi di sussidiarietà potrebbe essere una soluzione interessante. Chiaramente in questa fase storica è un po' troppo presto per capire in che direzione si andrà. Sicuramente, per quanto mi riguarda, si tratta di un progetto di visione: un progetto che potrebbe portare dei benefici concreti verso una riforma significativa della governance europea".

Il fatto che ci siano due blocchi nettamente contrapposti: proprio dal punto di vista del portare avanti un lavoro, al di là dei diritti, al di là delle ideologie, può essere un grosso problema proprio per il funzionamento della macchina?

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"È un grosso problema, ed è un problema che a mio modo di vedere ha avuto inizio con la formazione del cordone sanitario. Penso che sia stata una decisione che la maggioranza dei gruppi ha preso, ma che mette in seria difficoltà la credibilità di questo Parlamento. Perché se pensiamo che discrezionalmente alcuni gruppi si mettono d'accordo per evitare di dare rappresentanza a gruppi, a partiti, a formazioni legittimamente elette e supportate dal consenso popolare... Io credo che se ne sia parlato poco, ma questo rappresenta un problema simbolico, più che altro, perché poi a livello di funzionamento un voto vale uno, però in prospettiva futura ritengo che questa polarizzazione, questa dicotomia del Parlamento sicuramente non porterà risultati positivi. Anche perché le mediazioni sono sempre più difficili, e questa è una fase storica non dimentichiamolo dove tutti quanti, dalle istituzioni europee a quelle nazionali a quelle locali, siamo chiamati a dare risposte importanti. Per cui io spero che ci sia in futuro un po' meno ideologia e più concretezza: non so quanto questo si potrà realizzare, però la direzione giusta a mio modo di vedere sarebbe questa".

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