Il ministro Bruno Le Maire aveva minacciato il taglio dei sussidi per un mese a chi riapriva i ristoranti per protesta
La campagna dei ristoratori ribelli alle chiusure anti-Covid non ha avuto grande successo in Francia.
Il 1 febbraio in pochi hanno violato la legge riaprendo le porte ai clienti. Philippe Vieira, aveva cucinato per una quarantina di persone che attendeva nel suo ristorante Espace Zola 229 a Villeurbanne, vicino a Lione. Ma alla fine ha cambiato idea, e il pasto preparato è andato a finire nelle pance dei giornalisti sul posto per intervistarlo. Troppa la paura di perdere gli aiuti di Stato, che il ministro dell'Economia Bruno Le Maire aveva promesso di tagliare per un mese a chi non avesse rispettato le regole.
I ristoranti non servono al tavolo da tre mesi e possono fare solo vendita d'asporto. È in discussione una loro riapertura dopo metà febbraio.
Vieira spiega che era pronto ad accogliere di nuovo i clienti, ma siccome il Ministro è stato molto chiaro sulle sanzioni ha desistito: "Ho assoluto bisogno del fondo di solidarietà, non voglio creare una situazione di conflitto. Se avessi aperto, la polizia sarebbe arrivata e avrebbe multato i clienti. L'obiettivo era di sensibilizzare sul tema, e penso che io e i miei colleghi ci siamo riusciti".
La ribellione ha coinvolto circa 320 ristoratori nel Paese. L'atteggiamento delle forze dell'ordine è stato in generale conciliante con i dimostranti, sono state evitate multe.
L'iniziativa non ha ricevuto il sostegno delle organizzazioni che rappresentano la categoria.
Secondo i dati della Johns Hopkins University, la Francia è il Paese dell'Unione europea con il numero maggiore di infezioni da coronavirus: 3.260.308 fino ad oggi; 76.657 le vittime.