I dimostranti chiedono al governo di ritirare la riforma agricola e reintrodurre un prezzo minimo garantito per i loro prodotti. La liberalizzazione totale dei prezzi non potrà che premiare solo i grandi gruppi
Si inasprisce in India la protesta degli agricoltori, la seconda a livello nazionale in pochi giorni. Adesso è stato indetto uno sciopero della fame. Tutti contro la legislazione che liberalizza il mercato agricolo: i contadini indiani possono vendere ora a chiunque a qualsiasi prezzo, invece di seguire le tariffe calmierate.
Il dramma die piccoli agricoltori
I più colpiti sono i coltivatori di piccoli appezzamenti. Stando alla India Brand Equity Foundation, il 58% della popolazione indiana dipende dal lavoro agricolo: l’85% sono piccoli agricoltori, che possiedono a volte anche pochissimi acri di terra. Il premier Narendra Modi difende invece l’iniziativa, affermando che porterà grandi vantaggi a decine di milioni di coltivatori, perché promuove una maggiore circolazione dei prodotti agricoli in tutto il paese. I sostenitori del governo osservano che la normativa non smantella il sistema d’acquisto di riso e granaglie da parte delle agenzie pubbliche e non elimina il prezzo minimo garantito dei prodotti agricoli.
L'escalation della proteste
Con l'escalation delle proteste contro la nuova normativa i dirigenti dei vari settori agricoltori hanno organizzando uno sciopero della fame di nove ore ed hanno programmato manifestazioni in tutto il paese. I leader dei contadini hanno respinto la proposta del governo per modificare la riforma. In alternativa, i dimostranti chiedono che sia almeno garantito un prezzo minimo per i loro prodotti e temono che il mercato sarà monopolizzato dai grandi gruppi, che imporranno prezzi più concorrenziali.