Nessuna svolta nei colloqui del weekend tra il capo negoziatore Ue Michel Barnier ed il suo omologo David Frost. Questa settimana è cruciale per l'accordo sulle relazioni commerciali dal primo gennaio, altrimenti torneranno controlli doganali e dazi reciproci
È l'ennesima settimana cruciale per i colloqui sulla Brexit tra Europa e Regno Unito.
Nel fine settimana, il dialogo tra il capo negoziatore dell'Unione europea, Michel Barnier, ed il suo omologo David Frost non è stato interrotto ma non ha portato alla svolta.
Le due parti cercano di raggiungere un accordo per le relazioni commerciali, in prossimità della fine del periodo di transizione post-Brexit, previsto per il prossimo 31 dicembre.
Anche per il Ministro degli Esteri britannico, Dominic Raab, i colloqui entrano in una "settimana importante" e un accordo è ancora possibile.
"Se si guarda alle questioni in sospeso - afferma quest'ultimo - ovviamente miriamo ad una parità di condizioni, ma sembra ci siano progressi verso un maggiore rispetto per la posizione del Regno Unito.
Sulla pesca, ad esempio, c'è una questione di principio: una volta completata la transizione saremo uno Stato costiero indipendente e dovremo essere in grado di controllare le nostre acque", d'altronde i pescatori britannici hanno votato per Brexit e quelli europei non ne vogliono sapere di rinunciare all'abitudine di avvicinarsi alla costa britannica.
I Paesi dell'Unione vogliono che le loro barche siano in grado di continuare a pescare in acque britanniche, mentre il Regno Unito insiste sul fatto di dover controllare l'accesso e le quote.
In assenza di accordi, il nuovo anno comporterebbe enormi stravolgimenti, con l'imposizione immediata di dazi e altre barriere al commercio tra Regno Unito e Unione europea.
Ciò danneggerà entrambe le parti, ma l'onere ricadrebbe più pesantemente sul Regno Unito, che intrattiene quasi metà del suo commercio proprio con l'Unione europea.
UK: la preoccupazione dei lavoratori e la grana del referendum indipendentista scozzese
L'onere dei dazi preoccupa molte categorie di produttori britannici. Mark Bridgeman, presidente di contry land and business association spiega cosa accadrebbe al settore ovino: "Il settore ovino è uno di quelli su cui tutti si concentrano perché il 40% degli agnelli viene esportato e il 90% di questi vanno in Europa. Quindi, se non otteniamo un accordo, sarà un vero grave problema per il settore in Gran Bretagna".
Se questo problema sembra evitabile con un accordo in questi giorni, diverso è per la grana politica di un nuovo referendum indipendentista in Scozia l'anno prossimo. La prima ministra scozzese Nicola Sturgeon ha annunciato che una eventuale vittoria del suo partito, il partito nazionalista scozzese, alle prossime elezioni scozzesi di maggio, sarà seguita da un nuovo referendum. La premier ha anche lanciato un accorato appello ai Paesi europei: "Voglio inviare un messaggio ai nostri amici e vicini europei: voi siete e farete sempre parte di ciò che siamo. Non siete lontani. A quelli di voi che sono venuti da altri Paesi per vivere qui nel nostro dico: per favore, rimanete. Agli altri Paesi UE dico: la Scozia vuole tornare, e speriamo di farlo presto, come stato membro indipendente".