L'Onu prova a evitare la guerra aperta tra Armenia e Azerbaijan

L'Onu prova a evitare la guerra aperta tra Armenia e Azerbaijan
Diritti d'autore AP/Azerbaijan's Defense Ministry
Di Sergio Cantone
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L'Onu prova a evitare la guerra aperta tra Armenia e Azerbaijan

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Le fiammate belliche tra Armenia e Azerbaijan allarmano le potenze. È stata quindi inserita in tutto affanno nell'agenda di martedi 29 settembre una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.

L'alta istanza diplomatica cercherà di tenere a freno le parti, e valuterà gli eventuali interessi delle potenze coinvolte indirettamente nel conflitto.

Preoccupano comunque l'intensità, i calibri di artiglieria e l'armanento pesante utilizzati negli scontri del fine settimana. Ben superiori a quelli delle consuete schermaglie dell'Alto Karabakh. Questa volta preoccupa il considerevole numero di vittime.

Fonti, sia azere che armene, riferiscono infatti di decine di morti, anche tra i civili.

Il conflitto dell'Alto Karabakh risale agli anni anni 80. Iniziò con grandi atrocità reciproche negli ultimi anni di vita dell'Urss.

Le ostilità cessarono grazie all'azione diplomatica del Gruppo di Minsk, dell'Osce, nel 1994.

Ma la soluzione poggia su di un equilibrio precario. Quello del tipico conflitto congelato: schermaglie saltuarie, combattute con armi leggere.

Ecco perché questa volta potrebbe esser più rischioso.

Dice infatti Stéphan Dujarric, portavoce di Antonio Guterres:

"Il Segretario generale dell'ONU dichiara di essere estremamente preoccupato per quanto riguarda la ripresa delle ostilità lungo la linea di contatto nella zona di conflitto dell'Alto Karabakh. Condanna l'uso della forza e critica il numero dei morti, soprattutto tra i civili."

Il Nagorno Karabakh, in italiano Alto Karabakh, è una regione montuosa all'interno dell'Azerbaijan, ma controllato da armeni fin dalla cessazione delle ostilità tra le due repubbliche ex sovietiche nel '94.

Al di là dei consueti scambi di accuse reciproche, il malanimo tra le parti sembra esacerbarsi in sintonia con i rapporti tra le grandi potenze. La Turchia appoggia da sempre l'Azerbaijan, non certo solo per vicinanza etnica e culturale. Laico e musulmano-sciita (niente di più lontano da Erdogan) il Paese caucasico ha una storia importantissima nella regione, soprattutto come grande produttore di petrolio.

Baku pipelines

Parte ad esempio dalle rive azere del Mar Caspio un importante oleodotto costruito da BP e voluto dall'Ue e dall'amministrazione di Bill Clinton negli anni '90, il BTC. Il Baku-Tblisi-Ceyan porta il greggio caucasico fino in Turchia attraversando la Georgia.

Grazie ai profitti degli idrocarburi Baku, la capitale dell'Azerbaijan, si è trasformata in una sorta di Dubai ex sovietica, tra lusso, investimenti immobiliari e grandi affari petroliferi.

Le grandi imprese di costruzione e di energia turche hanno investito enormi capitali nel Paese, sin dalla dissoluzione dell'Urss, ancor prima che Erdogan conquistasse il potere ad Ankara.

La Russia invece possiede basi militari in Armenia. Erevan è una delle ex repubbliche sovietiche rimaste più vicine a Mosca. Anche perché l'Armenia dipende dalla Russia per la fornitura di energia.

Mosca, comunque, intrattiene rapporti che si potrebbero qualificare di moderamente eccellenti anche con l'Azerbaijan e soprattutto con la dinastia degli Aliev.

A questo proposito è utile pensare che il defunto Haidar Aliev, padre dell'attuale presidente autoritario, Ilham, era un altissimo ufficiale del Kgb ai tempi dell'Urss. E pare amasse ricordare a Putin la differenza gerarchica che esisteva tra i due ai bei tempi andati.

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Il Caucaso meridionale è situato tra Mar Nero, Mar Caspio, Russia e Iran. Da qui passano gasdotti e oleodotti.

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