Elezioni in Montenegro, tra le tensioni con la Chiesa e la lotta al Covid

Il Montenegro va alle urne domenica, in un quadro tutt'altro che tranquillo: tra le tensioni con la Serbia e con la potente Chiesa serbo-ortodossa, per una legge sulla proprietà religiosa e alle prese con il Covid. Il voto oppone il Partito democratico dei socialisti filo-occidentali del presidente Milo Djukanovic al Fronte democratico filo-sovrano.
Accusato dai rivali di corruzione e criminalità, il partito del presidente potrebbe incontrare non poche difficoltà per formare una maggioranza.
I montenegrini motivati a recarsi alle urne
"Sono naturalmente motivato ad andare a votare", spiega un pensionato. "Non credo ci sia un solo cittadino del Montenegro che non sia motivato a liberarsi finalmente di questo peso, dei saccheggi e della criminalità". "Credo che un Montenegro orgoglioso e indipendente vincerà", dice un'altra eletrrice.
Il voto arriva in un anno di tumulti politici, a causa della legge sulla religione adottata a fine 2019 e che permette allo Stato di sequestrare alcuni beni religiosi se la proprietà storica non può essere provata.
"Oggi dobbiamo tener conto del fatto che tutti i nostri avversari sono sempre lì e non hanno rinunciato al loro obiettivo", ha detto il presidente Djukanovic. "Abbiamo visto come la legge sulla religione sia stata usata per lanciare un attacco al Montenegro senza precedenti, nemmeno ai tempi di Milosevic".
La legge deve ancora essere applicata, a causa di mesi di proteste guidate dalla Chiesa serbo-ortodossa e sostenute da un'alleanza di partiti filoserbi. Giovedì notte migliaia di persone hanno violato il divieto di assembramento sulla via pubblica (imposto per combattere la pandemia), per protestare nuovamente contro la legge.