La pandemia di Covid-19 porterà alla sorveglianza di massa in Europa?

La pandemia di Covid-19 porterà alla sorveglianza di massa in Europa?
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Di Seana Davis
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Anche se la tecnologia di tracciamento dei contatti può essere utile, la sorveglianza di massa non è la soluzione per contenere il virus. "Va usata come complemento ai test, alle buone strutture e alla disponibilità di attrezzature mediche"

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Governi e aziende di tutta Europa stanno correndo ai ripari - anche dal punto di vista tecnologico - per arrestare la pandemia di coronavirus ed impedire che la prossima emergenza sanitaria abbia gli stessi effetti devastanti sull'economia. 

In Thailandia, chi è di ritorno da aree ad alto rischio deve scaricare un'applicazione per consentire alle autorità di monitorare i suoi movimenti durante i 14 giorni di quarantena. A Hong Kong il governo sta usando un'app, braccialetti elettronici e codici QR per far rispettare la quarantena.

Fare leva sulla tecnologia, sulle applicazioni opt-in e sul tracciamento digitale apre una serie di interrogativi sul limite tra la privacy e la necessità di utilizzare dati personali per rallentare la pandemia.

"Comprensibilmente, molte di queste misure stanno venendo attuate molto rapidamente", indica a Euronews Samuel Woodhams, esperto di diritti digitali della società di ricerca TOP10VPN. 

Woodhams sta tenendo traccia di tutte le misure anti-Covi19 implementate nel mondo. "Giusto che sia così, ora, la ragione è evidente", aggiunge. "Ma esiste poi un problema reale: tutta questa velocità fa sì che queste misure sfuggano al controllo pubblico e a quello politico".

Esiste un compromesso tra privacy e salute pubblica?

In tempi come questi, senza precedenti, abbiamo assistito ad un monumentale cambiamento in fatto di libertà personale. Ma quali sono le misure più appropriate, e quali avranno un effetto duraturo sulla società?

"Questa è la domanda da un milione di dollari", risponde Woodhams. "Penso che molte di queste misure siano proporzionate e necessarie al momento, ma la preoccupazione principale riguarda il loro rimanere in vigore più dello stretto necessario: potrebbero esserci gravi ripercussioni per le libertà e i diritti umani".

"Normalmente sia la privacy che la salute pubblica sono un diritto, ed entrambe sono importantissime per le nostre società. Ma è necessario trovare un'equilibrio tra le due, in particolare in tempi di emergenza e di crisi", ritiene il professor Andrea Renda, responsabile di Global Governance, Regulation, Innovation and the Digital Economy presso il think-tank del Centre for European Policy Studies (CEPS) di Bruxelles.

Renda dice che l'obiettivo dei responsabili delle politiche pubbliche è quello di "proteggere la salute pubblica in tempi di emergenza anche a costo di comprimere, temporaneamente, il diritto alla privacy". 

Ma questo è un principio generale che molto dipende da quanto si cela nei dettagli. "L'Europa è tipicamente un sistema giuridico in cui il diritto alla privacy ha ricevuto uno status molto elevato - uno status di diritto fondamentale. In altri paesi, invece, come ad esempio negli Stati Uniti, non è necessariamente così, o almeno non sempre, e la privacy è piuttosto ciò che qui chiameremmo un diritto di proprietà - qualcosa che può essere scambiato con qualcos'altro".

Come vengono tracciate le persone in Europa?

Non c'è al momento una strategia paneuropea in materia di tracciamento digitale. Tuttavia, sono numerosi i Paesi che si sono mossi per introdurre misure di tracciamento. 

La Polonia, ad esempio, è tra i paesi elencati nel rapporto di Woodhams: di recente ha pubblicato un'applicazione per la "quarantena domestica", tramite la quale gli utenti inviano un'immagine geolocalizzata alla polizia per dimostrare che non stanno violando le misure di confinamento.

L'app è collegata a un database di numeri di telefono di persone in quarantena obbligatoria, comprese coloro che sono tornate in Polonia dopo essere state all'estero o che sono state a stretto contatto con qualcuno che ha contratto il virus.

La polizia può inviare un messaggio di testo per chiedere una prova fotografica. In caso di mancata risposta entro 20 minuti, viene inviata un'altra richiesta. 

Se l'utente continua a non rispondere, "viene inviato un segnale alla polizia per verificare che le regole di quarantena non siano state violate". Alla data del 23 marzo, dopo il primo fine settimana dal lancio dell'applicazione, 10mila persone la stavano già utilizzando e 75mila erano state profilate nel database. 

Alcuni operatori di telefonia mobile in Europa hanno accettato di condividere con i governi dataset anonimi per tracciare i movimenti dei cittadini. In Italia, Vodafone ha dichiarato che "laddove tecnicamente possibile, e legalmente consentito, Vodafone sarà disponibile ad assistere i governi nello sviluppo di approfondimenti basati su grandi set di dati anonimi".

Secondo l'azienda, è già in creazione una mappa termica "aggregata e anonima" che mostra gli spostamenti della popolazione lombarda, simile a quella creata da Facebook. 

Il social network da tempo condivide con le autorità dati anonimi sulla popolazione per aiutare in tempi di crisi, che si tratti degli incendi in Australia nel 2019 o dei vaccini. 

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Secondo Woodhams, c'è stato anche un aumento della sorveglianza fisica con l'uso di droni in città come Bruxelles e Madrid da parte delle autorità.

Nel frattempo, medici e scienziati del Kings College di Londra hanno creato un'applicazione, Symptom Tracker, tramite la quale gli utenti possono descrivere i propri sintomi. L'obiettivo è quello di aiutare gli operatori sanitari a comprendere meglio lo stato di salute del soggetto, identificando al contempo le aree più ad alto rischio del Paese.

I dati, dicono, sono protetti dal GDPR e saranno utilizzati solo per "la scienza medica e per aiutare l'NHS, il servizio sanitario britannico". Al 27 marzo, l'app contava già oltre 1,5 milioni di download in tutto il Paese. Presto sarà disponibile anche negli USA.

La tecnologia può essere utile?

"Se si utilizza la tecnologia in modo complementare ai tamponi, così da poter essere più precisi nell'identificare chi deve essere testato perché in contatto con qualcuno che è risultato positivo, allora sì che sarà molto utile", indica Renda. "Più siamo precisi, meglio è".

Tuttavia, secondo l'esperto, non si può ricorrere alla tecnologia come alternativa ai tamponi e per la ricerca dei contatti.

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Quello di Singapore è stato descritto come un caso di successo nel contenere il diffondersi dell'epidemia. Con oltre 900mila download, Trace Together mira a migliorare la ricerca dei contatti e a consentire test più mirati con i cittadini che si offrono volontari per iscriversi all'app. È basata sul bluetooth e allerta l'utente quando è stato a stretto contatto con qualcuno che ha un caso confermato di COVID-19, spiega Woodhams.

L'Health Service Executive (HSE) in Irlanda ha annunciato l'intenzione di immettere nel mercato un'applicazione di tipo simile entro i prossimi 10 giorni, basata sul bluetooth e conforme al regolamento di protezione dei dati. 

Tuttavia, avvocati e attivisti dei diritti digitali hanno espresso la loro preoccupazione. Uno di loro ha chiesto una "valutazione d'impatto sulla protezione dei dati" da effettuare prima del lancio.

Anche se la tecnologia di tracciamento dei contatti può essere utile, la sorveglianza di massa non è la soluzione per contenere il virus, secondo Renda. "Va usata come complemento ai test, alle buone strutture e alla disponibilità di attrezzature mediche: ecco cosa sta emergendo in questo momento, il giusto mix di politiche per affrontare questa crisi".

E il GDPR?

L'European Data Protection Board (EDPB), ha diffuso un comunicato sul trattamento dei dati personali durante la pandemia. Nella dichiarazione, il consiglio afferm che "le norme di protezione dei dati (come il GDPR) non ostacolano le misure adottate nella lotta contro la pandemia di coronavirus".

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Anche in tempi eccezionali, tuttavia, il consiglio di amministrazione afferma che i dati personali devono essere protetti. "L'emergenza è una condizione legale che può legittimare restrizioni delle libertà, a condizione che tali restrizioni siano proporzionate e limitate al periodo di emergenza", hanno detto.

"Il GDPR consente eccezioni nei regolamenti, specialmente quando ci sono interessi pubblici concorrenti", spiega Renda. 

Il consiglio di amministrazione ha emesso una guida in proposito per chiarire "a quali condizioni ci potrebbero essere eccezioni alla piena applicazione del GDPR". Se dovesse esserci una soppressione della privacy, dovrà essere necessaria e proporzionata.

C'è motivo di preoccuparsi?

Finora non si è fatto uso di tecnologie altamente invasive in Europa, ha dichiarato Renda. "Ma in linea di principio, questo potrebbe accadere a seconda del tipo di accordi che vengono presi tra gli operatori di telefonia mobile o le grandi piattaforme tecnologiche e i governi".

"C'è un limite a ciò che si può fare con le informazioni una volta raccolte. Non conosco nessuna app, attualmente, a livello europeo che vada oltre questi limiti".

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"Mi preoccupano di più i poteri speciali che vengono attuati in Ungheria, ad esempio, quindi le leggi che mettono a dura prova l'equilibrio costituzionale proprio a causa della situazione di emergenza. Questo non si è ancora tradotto in una specifica applicazione tecnologica, ma molti Paesi europei stanno ancora per esperire il vero impatto del virus, il che significa che sono ben lontani dal raggiungere il picco".

"Quindi bisogna fare attenzione specialmente con quei Paesi che hanno la tentazione specifica di abusare della tecnologia e di accentrare più potere nelle mani del governo". 

In un contesto globale, il gruppo Privacy International solleva preoccupazioni circa l'uso ad ampio raggio della tecnologia e la soppressione della privacy. Ne tiene traccia a livello dettagliato. 

"Quando la pandemia sarà finita, queste misure straordinarie dovranno essere revocate e bisognerà risponderne", si legge in un comunicato.

Potremmo assistere alla sorveglianza di massa in alcuni Paesi europei?

"Se succederà, succederà non perché è necessaria", conclude Renda, "ma perché è sempre attraente dal punto di vista politico, soprattutto dove non si vive in un contesto democratico molto forte: la tecnologia può aiutare ad acquisire quante più informazioni possibili".

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Tuttavia, non ricordiamoci che può "essere utilizzata anche per preservare la privacy delle persone".

Insomma, sarà estremamente utile per combattere il COVID-19. Ma se le conseguenze nefaste dovessero essere aumenti nella sorveglianza di massa in alcuni Stati europei, non potremo certo prendercela con il virus.

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