Tutte le fragilità del nuovo governo di sinistra spagnolo
È la presidente della camera dei deputati spagnola, Meritxell Batet, socialista e catalana, ad annunciare la nascita del governo Sanchez II. L'esecutivo più a sinistra nella storia della Spagna dalla transizione in poi, nasce con, 167 voti a favore e 165 contro, grazie all'astensionismo attivo, per diciotto voti, dei separatisti di Esquerra republicana de Catalunya e di quelli baschi di Bildu. È un governo minoritario di coalizione, composto da socialisti e dalla sinistra radicale di _Unidas_-Podemos.
Con questa fiducia c'è così il quinto governo in cinque anni. Un governo fragile messo sotto pressione da un'opposizione di centrodestra agguerrita e consapevole della debolezza intrinseca della scommessa del leader socialista. Ma Sanchez contrattacca tuonando dal podio centrale delle Cortes nella dichiarazione post-investitura: "ci avete tenuto sotto pressione fino all'ultimo, ora spero che superata questa tappa parlamentare imprescindibile per la democrazia, sia possibile superare l'atmosfera di tensione che avete portato in questa camera".
Ma i toni utilizzati dal conservatore Pedro Casado, leader del Partido popular, suonano a condanna politica dura come quella di chi maneggia l'esperienza storica per inchiodare l'avversario a responsabilità gravide di conseguenze: "Lei ha chiesto un rielezione con l'impegno solenne di non dipendere dall'estrema sinistra e dai separatisti catalani e baschi. E oggi, signor Sanchez, ce li presenta come alleati, senza dare nessuna spiegazione agli spagnoli. Lei ha mentito conscio che se avesse detto la verità avrebbe perso le elezioni. Queste sono le stigmate con cui nasce un governo anti-spagnolo, il più estremista della nostra storia"
Il nuovo esecutivo scommette sulla possibilità di ingabbiare il nazionalismo catalano in un negoziato, per uscire dalla fase acuta della crisi identitaria che scuote il paese iberico dal 2017. Un scommessa dalla posta assai elevata.