Juncker: "Ho fatto sforzi enormi per tenere unita la famiglia europea"

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In una lunga intervista a Euronews, il presidente uscente della Commissione ripercorre i momenti più critici del suo mandato: dalla crisi migratoria del 2015 a Brexit, passando per il salvataggio greco

E' il leader che ha dominato la politica europea per decenni. Ora, poche settimane prima che ceda le redini del potere, incontriamo il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker nella sede della Commissione a a Bruxelles, per discutere in questa intervista la sua eredità per l'Europa.

** Questa è stata una settimana importante, visto che il presidente eletto Ursula Von Der Leyen ha presentato la nuova Commissione. Allora, cosa ne pensa lei. E prova un po^di nostalgia quando ricorda i suoi primi giorni di Presidenza?**

"Sì e no. Sono felice di andarmene, ma mi spiace di non restare. Penso che la squadra presentata dal presidente Von Der Leyen sia eccellente, soprattutto perché otto dei miei commissari sono ancora membri della nuova Commissione. Ha fatto bene".

Uno dei suoi più stretti collaboratori , Margaritis Schinas, è stato promosso come vicepresidente della Commissione, ma ci sono molte controversie sui nuovi portafogli e sui loro nomi, specialmente quello del signor Schinas, relativo alla "Protezione dello stile di vita europeo". Lei è d'accordo con questa denominazione?

E cos'è, per lei,  lo "stile di vita europeo"?

"Lo stile di vita europeo significa mettere insieme i nostri principali talenti ed energie e significa inoltre che bisogna rispettare gli altri, indipendentemente dal loro colore e indipendentemente dal loro Paese d'origine. Conoscendo bene Margaritis, perché ero in contatto quotidiano con lui, so che probabilmente non è d'accordo con quella denominazione. E penso che dovrà essere cambiata"

 Quindi, come ha detto il Presidente eletto, quel portafoglio riguarda l'immigrazione...

"No, non mi piace l'idea di opporre lo stile di vita europeo alla migrazione. No. Accettare coloro che vengono da lontano in Europa fa parte dello stile di vita europeo. Dovrebbe essere precisato".

Ma rimaniamo sul tema della migrazione perché è stata una questione che ha dominato il suo mandato e che continua a dominare l'agenda. Lei ritiene di aver perso il controllo della situazione?

 "Io no, gli Stati membri ne hanno perso il controllo. Durante la campagna elettorale del 2014 ho cercato di portare la questione all'attenzione dell'opinione pubblica perché era prevedibile che qualcosa sarebbe successo. Nel 2015, la Commissione ha avanzato proposte soprattutto per quanto riguarda il reinsediamento e la localizzazione. Si trattava di una decisione del Consiglio dei ministri degli Interni, ma circa 4 o 5 paesi non accettavano le persone che il Consiglio stava assegnando loro. Quando do un'occhiata alla stampa ungherese, è la Commissione ad essere criticata, ma in realtà i membri dovrebbero esserlo. La decisione è stata presa da loro. È stata la decisione giusta e la controversia riguarda la Commissione e l'Ungheria o altri, ma il Consiglio e alcuni stati membri. E' stata una saggia proposta quella di applicare la solidarietà alla crisi migratoria. Ha funzionato in parte, non del tutto. Ma non c'è altra strada che redistribuire i rifugiati tra tutti i paesi".

Ma la crisi è ancora in corso e sta peggiorando nel Mediterraneo. Come vede il fatto che la situazione stia procedendo così, visto il rifiuto degli Stati membri a cui lei ha fatto riferimento?

"Io ho chiesto agli Stati membri riluttanti di portare sul loro territorio i bambini, visto che l'Europa ne ha sempre meno. Pensate davvero che in Polonia ci sarebbero manifestazioni contro il fatto che il paese sta accogliendo bambini sul suo territorio? No, no, no. Dobbiamo ricordarci che se si vuole che il mondo diventi un posto migliore in cui vivere, bisogna amare gli altri".

Crede che una crisi come quella del 2015 possa ripresentarsi in Europa?

"No, non credo proprio. La situazione del 2015 è stato un evento eccezionale, dal punto di vista storico. I paesi hanno affrontato questo evento in modi diversi. La Germania non stava aprendo le frontiere, ma non le stava neanche chiudendo. Se le avessero chiuse, avremmo avuto una massa di rifugiati in Ungheria che l'Ungheria non sarebbe mai stata in grado di gestire. Ma credo che la situazione sia cambiata. Se si dà un'occhiata in profondità al numero di profughi che attraversano il Mediterraneo, forse anche il Mar Egeo, si può notare che è drasticamente diminuito. Ma non nego di essere preoccupato per quanto sta succedendo. Perché le cifre delle ultime settimane sono in aumento e dobbiamo essere consapevoli che la situazione potrebbe facilmente esplodere". 

REUTERS/Yannis Behrakis
Agosto 2015: La polizia macedone sbarra il passaggio ai migrantiREUTERS/Yannis Behrakis

E riguardo alla reazione di Merkel, che ha aperto le porte della Germania...

"Non ha aperto le porte, ha evitato di chiuderle. C'è differenza".

Ma questo ha aiutato leader come Salvini a crescere parecchio in Europa?

"E dov'è ora il signor Salvini"?

Credo abbia lasciato il governo.

"Ha lasciato il governo. OK. Buona notizia".

** Non è l'unico, del resto...**

"No, no... ma è troppo facile dare una spiegazione demagogica al fenomeno. Queste sono persone povere, ma non tutti hanno il diritto di rimanere in Europa. E questo è un grosso problema perché è difficile gestire i rientri nei paesi di origine. Ma il fatto che in Ungheria e in Italia, alcuni dicano che la politica della mia Commissione sarebbe quella di aprire le porte all'Islam in senso lato, inteso come terrorismo, è una vergogna"

Passiamo ora a un'altra crisi in corso che non sappiamo quando e come finirà. Naturalmente, si parla di Brexit. Considera Brexit il più grande fallimento del suo mandato, vosto che per la prima volta un paese sta lasciando il blocco?

"È una tragedia ed è un fallimento, ma devo dire che non credo sia mio, perché non ho deciso io di tenere questo referendum. Non sono intervenuto nel merito del referendum perché il Primo Ministro Cameron mi ha chiesto di non farlo, perché questo dev'essere considerato un problema interno britannico. Avevamo negoziato un accordo con Cameron su diversi punti, e questo accordo non ha avuto alcun ruolo durante la campagna referendaria. Per più di 40 anni ai britannici è stato detto che fossero parte dell'Unione, ma non hanno voluto condividerne tutte le politiche. I britannici fin dall'inizio sono stati europei part time, mentre noi abbiamo bisogno di europei a tempo pieno". 

"Brexit - continua Juncker - fin dall'inizio, ha riguardato il fatto che nessun governo britannico ha mai difeso e spiegato apertamente il posto del Regno Unito nell'Unione europea. Se per decenni dite alla gente che l'Europa 'non è esattamente come la vogliamo', non stupitevi se poi al referendum ottenete una risposta negativa. A proposito, probabilmente sono stato l'unico a non essere sorpreso dal risultato". 

Se lo aspettava?

"Sì, me lo aspettavo perché questo "matraquage" come direbbero i francesi, ripetendo giorno dopo giorno che siamo in Europa ma non vogliamo esserci, sta producendo risultati evidenti".

Ma visto il caos attuale in Regno Unito, la Gran Bretagna dovrebbe finalmente lasciare il blocco?

"Questa è una decisione che devono prendere i nostri amici britannici. La mia impressione è che vogliano lasciare, visto l'esito del referendum . Ma questa è una situazione di perdita, soprattutto per il Regno Unito, ma anche per il resto dell'Unione europea". 

Il suo collega, il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha detto che c'è un "posto speciale all'inferno" per coloro che non hanno approntato un piano per realizzare Brexit in sicurezza. Chi dovrebbe finire in questo posto? David Cameron, Boris Johnson, o Theresa May?

"A differenta del mio buon amico Donald Tusk, non credo nell'inferno".

Ma c'è qualcuno da incolpare per la situazione?

"No, ma non metterei qualcuno all'inferno, solo perché ha cercato di fare del suo meglio, soprattutto Theresa May. Con lei abbiamo negoziato non soltanto un accordo, ma un trattato. Questa espressione "accordo" non riflette l'ambizione del testo; è un trattato. Ha lavorato bene e avrei voluto che il Parlamento britannico avesse accettato questo accordo di ritiro, le cose sarebbero state più facili".

Cosa direbbe a David Cameron se lo vedesse adesso?

"Vorrei ricordargli che abbiamo sempre avuto buone relazioni personali, anche se era contrario alla mia nomina a presidente della Commissione. L'ho incontrato il giorno dopo la nomina e abbiamo accettato di lavorare nelle migliori condizioni possibili. Ma penso che sia stato un grave errore porre una domanda così complicata in un referendum . L'accordo di ritiro che abbiamo concluso con il Primo Ministro May, vale a dire sette o ottocento pagine: i cittadini britannici che hanno partecipato al referendum sapevano tutti di cosa si trattava? No".

Ma lasciamo da parte il fallimento europeo con Brexit e passiamo a...

"E' un fallimento della Gran Bretagna, non dell'Unione Europea".

Ha detto che il suo più grande risultato in questi anni è stato quello di mantenere la Grecia nell'eurozona. Anche questa è stata una crisi molto grave. Ma alla fine, siete stati voi a salvare la Grecia e a mantenerla nell'eurozona? perché dopo la crisi in molti sostenevano di aver salvato la Grecia.

"Sto leggendo le memorie dei miei ex colleghi e a volte ho l'impressione di non avere nulla a che fare con la risposta che abbiamo dato alla crisi greca. Ciò che abbiamo fatto contro la volontà di più di tre o quattro Stati membri è stato utilizzare una delle disposizioni del trattato secondo cui la commissione è responsabile degli interessi generali dell'Unione europea. Questo era il mandato al quale cercavo di adempier. Se la commissione avesse detto "OK, siamo dell'opinione che la Grecia dovrebbe andarsene", la Commissione avrebbe fallito nella sua missione più nobile. Abbiamo come Commissione il dovere di mantenere i paesi uniti e in un certo modo. La Grecia è stata salvata grazie agli sforzi del popolo greco, soprattutto delle fasce più povere del popolo greco, perché in Grecia c'era molta gente povera. Ho sempre cercato di rispettare pienamente la dignità della Grecia e del popolo greco e abbiamo fatto tutto il possibile per mantenere la Grecia nella zona euro. Se avessimo accettato che la Grecia e lasciasse l'euro, sarebbe stato l'inizio della fine per l'Unione europea".

Alcuni fuori al di fuori della Grecia ritengono di aver pagato reoppo per salvare la Grecia. In definitiva, quindi, quanto pagano i contribuenti europei per mantenere la Grecia nell'eurozona?

"Niente"

E come puoi dirlo?

"Noi stavamo offrendo garanzie, cose del genere, ma il contribuente europeo non ha messo un centesimo nel salvataggio della Grecia".

In generale, tutte le crisi di cui stiamo parlando - come la crisi dei rifugiati, Brexit o la crisi greca - hanno portato alla ribalta i leader populisti. Quindi, se si guarda indietro, farebbe qualcosa di diverso?. Si sarebbero potute evitare queste crisi?

"Mi chiedo piuttosto che tipo di debolezza abbiamo mostrato io e la Commissione. Bisogna tener presente che dobbiamo affrontare quella che ho definito come una crisi pubblica. Abbiamo avuto la migrazione. Abbiamo avuto la Grecia, abbiamo avuto attacchi terroristici a Parigi e altrove. Abbiamo avuto la crisi catalana, la comparsa sulla scena internazionale del presidente americano Trump. Ed è difficile spiegare che non si può avere il controllo di tutto. Abbiamo avuto troppe crisi da affrontare".

Parliamo di alcuni suoi colleghi, tra i più controversi. Uno di loro è il premier ungherese Viktor Orban che ha fatto ciò che voleva con la migrazione e ha condotto una grande campagna contro Bruxelles e contro di lei personalmente. E vediamo anche prove del fatto che alcuni fondi dell'Unione europea sono stati utilizzati in modo improprio nel suo paese. Quindi si sente sconfitto da lui?

"No. Questo è ciò che avrebbe voluto, ma non mi ha sconfitto perché, nonostante le enormi divergenze di opinioni, avevamo un buon rapporto personale, che mi permetteva di tanto in tanto di scherzare su di lui. Ho ammirato Viktor Orban alla fine degli anni '80 perché allora stava resistendo all'occupazione sovietica dell'Ungheria. Era un eroe. E così l'ho sempre rispettato, molto. Poi ad un certo punto ha cambiato registro e si è fatto meno europeo e più aggressivo nei confronti della Commissione, anche se la mia Commissione devo dire che ha fatto molto per l'Ungheria e lo sta tollerando privatamente ma non pubblicamente".

È un leader democratico europeo per lei? qual'è sua percezione?

"È un leader ungherese".

E che significa?

"Significa che la sua prima preoccupazione non è l'Europa, ma il suo paese. Si tratta di un grave errore. Se sei interessato solo al tuo paese, se stai alimentando questi sentimenti nel tuo paese senza preoccuparti del più ampio contesto europeo, allora non sei un leader europeo, ma un leader nazionale". 

E come vede il fatto che all'ex ministro della giustizia ungherese sia stato offerto il portafoglio "Allargamento e vicinato"? Ciò implica che dovrà anche salvaguardare lo Stato di diritto. Che tipo di messaggio trasmette questo?

"Non l'ho nominato io"

Quindi non è d'accordo con questa decisione?

"No, no, no, no, no. Non criticerò mai il nuovo Presidente della Commissione perché conosco le difficoltà del suo lavoro. Ma vedremo in seno al Parlamento europeo se questo sarà accettabile". 

**E Donald Trump? Lui l'ha definita "un brutale assassino". Come lo descriverebbe ora? **

"In realtà quello lo presi come un complimento perché diceva cose diverse, diceva 'amo Jean Claude', e nessuno in Europa diceva di amare Jean Claude, certamente non il mio buon amico Viktor Orban. Disse che sono un negoziatore tosto, lo disse in una conferenza stampa che facemmo insieme nel Rose Garden. Disse: "Preferirei che Jean Claude" fosse un negoziatore per gli Stati Uniti piuttosto che per l'Europa. E questa era una serie di complimenti". 

Come descriverebbe Donald Trump in una parola?

"Franco". 

Ursula Von Der Leyen è la prima donna a presiedere la Commissione europea. Ma la sua nomina è un duro colpo rispetto a qualsiasi sforzo che l'Unione ha compiuto per legittimare democraticamente la leadership Europea.

"Mi piace Ursula. La conosco. Da vent'anni abbiamo contatti regolari. E' ok.. Ma il modo in cui è stata nominata non è stato molto trasparente. E il Parlamento europeo non ha svolto il suo ruolo. Il Parlamento europeo ha sempre sostenuto che solo lo spitzenkandidat dovrebbe diventare presidente della Commissione e il Parlamento europeo non ha svolto il suo ruolo e ha accettato, tra l'altro, che il Consiglio europeo nominasse direttamente due vicepresidenti delle commissioni e quelli non sono affari del Consiglio europeo. Ci hanno provato anche con me, e ho rifiutato".

Qualcosa di più personale ora:, può condividere con noi un momento a porte chiuse che non dimenticherà mai, di cui nessuno ha ancora sentito parlare e che è stato per lei un game over?

"Non ho avuto un momento difficile, ma un momento interessante con il Presidente Hollande. Perché volevo Pierre Moscovici come Commissario per gli affari economici e finanziari e questa idea non gli è piaciuta perché ha intuito il trucco. E il trucco era chiedere a un francese di spiegare ai francesi che i disavanzi pubblici non fossero la via da seguire. Lui voleva che Moscovici diventasse Commissario all'energia. Non l'h ascoltato e l'ho mandato agli affari economici". 

 Un'ultima domanda. Come Presidente, per cosa teme di essere ricordato e per cosa spera di essere ricordato.

"Queste domande io non me le sono mai poste. Vorrei che anche altri dicessero che ho fatto sforzi enormi per mantenere unita la famiglia europea".

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