La foresta Amazzonica è veramente il polmone del pianeta?

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Diritti d'autore REUTERS/Nacho Doce
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Di Frances Lopez
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Uno sguardo ai reali problemi dell'incendio nella foresta Amazzonica, occupandosi della biodivesità e delle emissioni: all'ossigeno ci pensa l'Oceano

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Il disastro che si consuma in Amazzonia è al centro dell'attenzione dei media mondiali da due settimane. Il numero di incendi in Brasile è aumentato del 82 per cento rispetto all'anno scorso. Il Paese di Bolsonaro ospita circa il 60 per cento delle foreste tropicali del mondo.

Perché gli incendi africani non possono essere paragonati a quelli in Amazzonia

Molti media, associazioni di beneficenza, celebrità e persino leader mondiali, come il presidente francese Emmanuel Macron, hanno detto e ripetuto che l'Amazzonia produce il 20% dell’ossigeno di tutta la Terra. Per molti, la sua distruzione equivale ad uccidere "il polmone verde del pianeta".

Ma è vero? Gli esperti dicono che la quantità di ossigeno prodotto dalla foresta amazzonica è in realtà ben più bassa. Considerano fuorviante questa definizione date le vere conseguenze che il rogo della foresta Amazzonica ha sulla composizione della nostra atmosfera.

Giorgio Vecchiano, ricercatore in gestione e pianificazione forestale alla Statale di Milano, scrive su Facebook che l'Amazzonia non è il "polmone del mondo". Tra il 50 e il 70% dell'ossigeno sulla Terra è prodotto dalla fotosintesi delle alghe negli oceani. Il resto dalle praterie, dai campi coltivati (sì, anche loro) e dalle foreste che crescono velocemente, accumulando carbonio e rilasciando ossigeno. L'amazzonia non produce il 20% del'ossigeno nel mondo (un dato errato che rimbalza anche sulle testate più prestigiose). La cifra varia da 0 al 6%: gli alberi assorbono anidride carbonica (CO2) e emettono ossigeno con la fotosintesi, ma man mano che crescono devono anche mantenere i propri tessuti, consumando ossigeno e emettendo CO2 (come noi). Più l'albero è grande, più il bilancio netto si avvicina a zero. Inoltre, le foglie e il legno morto vengono degradati da batteri e funghi, emettendo altra CO2 e consumando altro ossigeno. In tutto, il bilancio è solo leggermente a favore dell'ossigeno, e negli anni in cui muoiono molti alberi per deforestazione o siccità, si avvicina a zero".

Concorda Philippe Ciais, un ricercatore del Laboratorio di Scienze Climatiche e Ambientali, intervistato da _Euronews. _"Dire che l'Amazzonia produce il 20 per cento del nostro ossigeno è un po' esagerato. La percentuale è forse del 10-12 per cento, dato che anche la fotosintesi generata negli oceani contribuisce alla produzione di ossigeno del pianeta". 

L'Amazzonia consuma quasi tutto l'ossigeno che produce

In realtà, l'Amazzonia non è una grande fonte di ossigeno, in quanto gli alberi consumano la maggior parte di ciò che producono attraverso la fotosintesi.

Si tratta di un processo naturale che si verifica quando le piante catturano e immagazzinano l'energia solare, utilizzandola per convertire l'anidride carbonica dell'aria in molecole di zucchero, di cui si alimentano. L'ossigeno è il prodotto finale.

Tuttavia, il contributo della giungla amazzonica all'immissione di ossigeno nell’atmosfera globale è "virtualmente nullo", perché la quantità generata dalla fotosintesi supera di poco quella consumata dai microbi che decompongono il materiale vegetale morto. Lo riferisce a Euronews Vincent Dubreuil, professore di geografia all'Università di Rennes: "Il processo di decomposizione della materia organica consuma all'incirca lo stesso quantitativo di ossigeno prodotto."

Questo tuttavia non sminuisce il ruolo di importanza cruciale che l'Amazzonia ricopre per la biodiversità del pianeta e la regolazione del clima nelle Americhe.

Chi è il vero responsabile dell'aumento della produzione di ossigeno sulla Terra?

Secondo gli esperti la principale fonte di ossigeno nel mondo si trova negli oceani. Dobbiamo ringraziare il fitoplancton, insieme di microorganismi vegetali che, effettuando la fotosintesi, provvedono alla riossigenazione delle acque e dell’atmosfera.

Questa famiglia di microorganismi è responsabile del 50 per cento di tutte le reazioni di fotosintesi del pianeta. Ne fanno parte, tra le specie più importanti, diatomee e cocolitofori.

Le diatomee sono i principali produttori di ossigeno. Questi organismi raccolgono l’energia solare e la trasformano, attraverso la fotosintesi, in materia organica e ossigeno.

La popolazione delle diatomee si duplica ogni giorno, iniziando il processo di fotosintesi. Quando questo avviene, emettono una luce che può essere vista anche dallo spazio.

A questo si aggiunge che le diatomee sono i principali “spazzini” del carbonio atmosferico. Le stime ci riferiscono che la loro attività fotosintetica produce tra il 20 e il 40% dell'ossigeno del pianeta. L'effetto sul clima terrestre è enorme.

Un'immagine a colori reali di un grande banco di fitoplancton nel Mar di Norvegia al largo dell'Islanda. Foto scattata il 6 luglio 2013 - Reuters / NASA

Sono le emissioni di CO2 la vera minaccia della deforestazione in Amazzonia

Gli esperti sostengono che non dovrebbe essere la produzione di ossigeno al centro del dibattito sugli incendi in Amazzonia. Piuttosto, si dovrebbe parlare del pericolo e della catastrofe ecologica causata dall'aumento dell'anidride carbonica nell'atmosfera dovuto alla deforestazione.

 “L'anidride carbonica è la causa principale dell'effetto serra, e poiché in proporzione ce n'è poca nell'atmosfera, aggiungerne o toglierne un poco fa molto più effetto che aggiungere o togliere un poco di ossigeno. Quando una foresta brucia, dagli alberi e dal suolo si "libera" nell'atmosfera il carbonio di cui sono fatti", continua Giorgio Vacchiano sul suo post Facebook.

"Circa il 15% dell'anidride carbonica presente nell'atmosfera è assorbito dalla foresta pluviale. Se sparisse, l'anidride carbonica rimarrebbe nell'atmosfera e i cambiamenti climatici sarebbero più rapidi", indica Jérôme Chave, ricercatore del Laboratorio per l'evoluzione della biodiversità di Tolosa.

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Le foreste tropicali sono importanti quanto gli oceani, perché potrebbero contribuire rapidamente all'attuazione di strategie globali di riduzione delle emissioni.

Infine, è importante capire che il problema è in tutto il mondo e non solo dell’Amazzonia. Il cambiamento climatico colpisce tutti gli ecosistemi, ma solo pochi di questi si sono degradati in modo rapido e spettacolare come accaduto alla foresta tropicale.

“[l’Amazzonia] produce tramite l'evaporazione dagli alberi la "proprie" nuvole e la "propria" pioggia. Se incendi e deforestazione arriveranno a riguardare il 25%-40% della foresta (per ora siamo intorno al 15%), l'ecosistema non sarà più in grado di regolare il proprio clima e potrebbe trasformarsi in una savana”, conclude Vecchiano, evidenziando il delicato equilibrio di un’ecosistema vitale che rischiamo di perdere per sempre.

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