Libia, Serraj mette l'Italia alle strette: "Haftar va fermato ora"

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Di Antonio Michele Storto
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Sempre più isolato, il Premier di Tripoli ha intenzione di rinegoziare l'appoggio italiano, sempre più tiepido: sul piatto, anche il controllo dell'immigrazione

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Il generale Haftar è stato chiaro: la sua avanzata su Tripoli è da considerarsi guerra santa, e - in barba alla richiesta dell'Onu per un cessate il fuoco immediato - non si fermerà neanche nel mese di Ramadan. Il Feldmaresciallo è forte del recente sostegno statunitense, ma il conflitto in Libia continua ad avvitarsi in uno stallo senza fine.

Per questo, il Capo di stato del governo di unità nazionale, Fayez al Serraj è volato d'urgenza a Roma dove martedì ha in programma un incontro col premier Giuseppe Conte. L'obiettivo è ottenere rassicurazione dai vecchi alleati italiani, dopo che **l'appoggio tricolore si è andato facendo sempre meno deciso: **"l'Italia non è né a favore di Serraj né a favore di Haftar - dichiarava il premier alla fine di aprile - ma a favore del popolo libico, che ha il diritto di vivere in pace"

"Haftar è un invasore - ha invece rincarato Serraj alla vigilia del vertice - e il suo tentativo di sfondare ed entrare a Tripoli è ampiamente fallito. A questo punto bisogna fermarlo, bisogna punire una aggressione militare che è stata una follia e porterà solo altra divisione in Libia".

Al centro dell'incontro ci sarà soprattutto il tema dell'immigrazione: dalla Libia parte oggi la maggior parte dei flussi diretti verso l'Italia, e fin dai tempi del governo Gentiloni, l'appoggio a Tripoli è stato subordinato al controllo e alla repressione delle partenze. Al-Serraj ha già usato il tema come strumento di pressione nei confronti del governo giallo-verde: "se il conflitto non si ferma,  800mila disperati potrebbero riversarsi in Italia, inclusi fondamentalisti legati allo Stato islamico" ventilava già a fine aprile, aggiungendo che le motovedette donate dall'Italia alla Guardia costiera libica erano tutte impegnate nelle operazioni belliche. 

Da allora la situazione è andata ulteriormente complicandosi, dal momento che i respingimento verso la Libia - paese in pieno conflitto militare - sono diventati apertamente illegali. Gli ultimi 180 migranti, secondo la denuncia di diverse organizzazioni internazonali, sono stati riportati in Libia il 2 maggio, segno che le affermazioni di Serraj circa la nuova destinazione delle motovedette libiche non erano poi così fondate. 

Nel frattempo - oltre al progressivo dirottamento degli arrivi verso la Spagna, attraverso le rotte del Marocco - l'Unhcr denuncia come il drastico calo degli sbarchi in Italia registrato nell'ultimo anno abbia coinciso con un aumento esponenziale delle morti nel Mediterraneo: a perdere la vita, secondo l'organizzazione Onu, sarebbe ormai un migrante ogni tre.

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