Strage in Nuova Zelanda: condanna unanime

Strage in Nuova Zelanda: condanna unanime
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Di Stefania De Michele
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Il cordoglio e le parole di sdegno dei leader di tutto il mondo.

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**Il Regno Unito si ferma per un minuto di silenzio. Non ci sono eccezioni: la condanna è unanime, così come il cordoglio per la strage in Nuova Zelanda.
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A Londra il leader laburista, Jeremy Corbyn, ha deposto una corona di fiori all'ingresso dell'edificio dell'Alta Commissione della Nuova Zelanda mentre il presidente americano, Donald Trump, ha affidato a twitter il suo messaggio: siamo con voi per qualsiasi cosa gli Stati Uniti possano fare.

"I pensieri e le preghiere del popolo americano sono oggi per le vittime e le loro famiglie - ha dichiarato il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo - gli Stati Uniti condannano questo odioso assalto. Promettiamo la nostra ferma solidarietà al governo e al popolo neozelandese in quest'ora buia e siamo pronti ad offrire tutta l'assistenza possibile".

Anche la Cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha condannato la strage: un atto terribile, ha detto: "Questo è un perfido attacco alle persone che pregano e ai loro luoghi di culto. Questo è un attacco ai musulmani. Si tratta quindi di un attacco alla democrazia neozelandese e alla sua società aperta e tollerante. Condividiamo questi valori con la Nuova Zelanda. E, quindi, condividiamo anche l'orrore e condanniamo questo terribile atto".

Angela Merkel, Cancelliera tedesca

Una escalation di violenza che però non giunge inaspettata, almeno secondo il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan: "Con questo attacco, l'islamofobia, la cui ascesa nel mondo intero è stata a lungo osservata e addirittura incoraggiata, ha superato il livello di persecuzione individuale e ha raggiunto la dimensione di un massacro".

il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan

I cittadini turchi hanno manifestato a sostegno delle comunità islamiche neozelandesi: nella città di Diyarbakir, i manifestanti hanno condannato gli attacchi, definiti dal leader degli affari religiosi turchi, Ali Erbas,"incidenti provocatori".

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