La vita e il sogno di Faber

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Di Paolo Alberto Valenti
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20 anni fa ci lasciava Fabrizio De André, indimenticabile poeta e interprete musicale di tutte le storie

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Fabrizio De André a 20 anni dalla morte non è solo il nome di una nostalgia feroce che non abbandonerà mai nemmeno coloro che non sono mai stati ad un suo concerto, che non hanno mai percepito quell'oscuro pudore ligure - diventato nelle sue canzoni cifra umana universale - che lo accompagnava in ogni istante della sua carriera professionale, all'ex Palasport di Roma Eur o nelle arene di tanti altri concerti in giro per l'Italia.

"Essere popolo"

Al di là del fiume delle parole che le sue canzoni hanno generato, al suo modo così profondo di accompagnare gli istanti drammatici o sublimi della vita degli altri, del suo modo di essere "popolo" più che di concedere spazi alle sue origini quasi altoborghesi, Faber resta un personaggio che ha saputo rappresentare i migliori della sua terra, coloro che riuscirono (nei secoli) a sapersi mescolare con tutti - su tutti i continenti - anche con i reietti dell'intero pianeta.

Controcorrente

Anarchico, rivoluzionario, poeta non subì mai il fascino della sinistra extra-parlamentare che si ribellava al grigiore e lo squallore dell'Italia anni '60 e '70.

La storia di Marinella

La canzone che nel 1961 generò la sua fama è dedicata ad una prostituta uccisa a Genova e gettata nel fiume. Era “La canzone di Marinella”, che poi sarebbe stata adottata e re-incisa da Mina.

Il boom dei cantautori

Mentre sulla scena musicale dominavano giganti del rango di Mina e Lucio Battisti lo schivo Faber sviluppò un percorso artistico sensibile ai cascami musicali dell'esistenzialismo francese in una prospettiva tutta nuova. Le luci della grande ribalta o le sirene dell'istantaneo successo non erano per lui e forse proprio quella innata autenticità, quella profondità assoluta lo rendono ancora oggi uno dei più amati. Da qui il suo diventare inconsapevolmente il capofila di quella scuola genovese in cui si annoverano anche Gino Paoli, Umberto Bindi, Luigi Tenco, Bruno Lauzi, altri preziosi artefici del boom della canzone d'autore, nata in risonanza con ulteriori grandi “cantastorie” come il francese George Brassens (di cui Faber ricalcherà analoghe canzoni) e i nordamaericani Leonard Cohen e Bob Dylan.

Oltre il calco di qualunque mito

La stampa italiana - sempre afflitta dai miti d'oltre Atlantico - così come avrebbe definito la più bella donna del Rinascimento (la straordinaria fanciulla genovese Simonetta Cattaneo Vespucci, che Botticelli elesse a sua quasi esclusiva modella) la Marilyn Monroe del Quattrocento, gli affibbiò l'etichetta di "Dylan" nostrano. In entrambi i casi i connotati di autenticità non giustificano in alcun modo queste riduzioni.

Gli anni del sangue

L'apogeo del successo De André lo colse durante gli anni di piombo, fra il 1967 e il 1977, quando la scelta dello scontro politico si tradusse in azioni armate, attentati di stato e terrorismo generalizzato. Nel 1979 anche Faber diventa vittima del clima di violenza generalizzata del paese e viene rapito insieme alla seconda moglie Dori Ghezzi nella sua tenuta di Tempio Pausania in Sardegna. La grande sofferenza di diversi mesi di sequestro, sebbene non incise sul metallo pregiato dell'uomo, lo indussero però a una maggiore dipendenza dall'alcool.

La sua storia più recente è ancora sensibilmente nota e non cessa di accompagnarci con la colonna sonora permanente delle sue storie, delle sue poesie diventate musica, sempre viva nelle scalette delle radio e nelle liste del web.

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