I Nobel per la Pace: due voci contro la violenza sulle donne

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Di Stefania De Michele
I Nobel per la Pace: due voci contro la violenza sulle donne

Lo chiamano l'uomo che ripara le donne, nel corpo e nell'anima. In sedici anni il ginecologo congolese Denis Mukwege, insignito del premio Nobel per la Pace 2018, ha curato 40.000 vittime di violenza sessuale nel suo Paese, la Repubblica Democratica del Congo, lacerata da una guerra ufficialmente chiusa nel 2002, ma che prosegue come lotta intestina tra esercito regolare e fazioni di ribelli.

"Impossile girarsi da un'altra parte, impossibile non prendere posizione", ha commentato Denis Mukwege: "Quando cominci a contare i milioni di morti e le centinaia di migliaia di donne stuprate, allora non è più possibile ignorare la situazione. Non possiamo più limitarci a contare, dobbiamo intraprendere un percorso che ci conduca alla scoperta della verità e che garantisca giustizia. Oggi il mondo deve tirare una linea rossa e dire che in guerra le donne non devono più essere considerate campo di battaglia. Se nessuno romperà gli schemi, saranno sempre isolate dalla società".

Una denuncia che per il comitato norvegese per il Nobel è diventata un grido a due voci contro il ricorso allo stupro come arma di guerra.

L'altra vincitrice del premio Nobel per la Pace è l'attivista irachena Nadia Murad, venticinquenne di etnia yazida resa schiava nel 2014 dall'Isis, che le ha sterminato quasi tutta la famiglia.

Nadia Murad premio Nobel per la Pace 2018

"Il mio sogno è che le comunità minori, come gli Yazidi e i Cristiani, in Iraq, Siria e in altre regioni, vengano protette e non spariscano - ha detto Nadia Murad - l'obiettivo del sedicente stato islamico è di estirpare le piccole comunità. Il mio obiettivo è quello di lavorare perché questo non accada e fare in modo che sia tutelata la vita di tutti gli esseri umani, senza discriminazioni di religione, nazionalità, colore della pelle. La gente deve rispettare tutti per quel che sono".