Violenti scontri in tutto il Nicaragua per protesta contro la riforma delle pensioni voluta dal governo del Presidente Ortega. Dopo tre giorni di guerriglia urbana, il governo fa un piccolo dietrofront e si dice pronto a trattare nuovi accordi.
Tre giorni di violenza in Nicaragua e un bilancio pesantissimo: almeno dieci morti (negli scontri di giovedì e venerdì) e 80 feriti, tra cui 9 giornalisti e diversi agenti di polizia.
Le proteste sono cominciate a Managua, la capitale, contro la riforma delle pensioni decisa dal governo del Presidente Daniel Ortega, che - per finanziare la previdenza sociale - comporterebbe l'aumento dei contributi per i datori di lavoro, l'aumento del costo del lavoro (con aliquote più altre sugli stipendi) e una tassa del 5% che andrebbe a colpire i pensionati.
Dopo barricate, scontri, uso di armi da fuoco, lancio di lacrimogeni, danni a palazzi governativi in tutte le città del Nicaragua, il governo - per voce della Vice Presidente Rosario Murillo - si è detto disposto a mettersi attorno ad un tavolo e trattare nuovi accordi con i leader delle organizzazioni sindacali degli imprenditori del settore privato.
Il più importante di loro, Jose Adàn Aguerri, ha arringato la folla per invitarla a manifestazioni pacifiche ed evitare che "il sangue continui a colare".
In attesa di nuove trattative, si attende ora una sorta di tregua - comunque difficile - in tutto il Nicaragua.
In questi giorni, il Presidente Ortega non si è mai fatto vedere pubblicamente. Ma la censura l'ha comunque ordinata: a quattro televisioni di Managua è stato vietato riprendere e mandare in onda le immagini della protesta popolare.