Il leader radicale dell'associazione Luca Coscioni ribadisce la sua linea: "se assoluzione dev'esserci, che sia per incostituzionalitzà del reato. In caso contrario, meglio una condanna"
"Piuttosto che essere assolto per un aiuto giudicato irrilevante, mentre è stato determinante, preferirei essere condannato".
Così, lo scorso gennaio Marco Cappato commentava la richiesta di assoluzione presentata dal pubblico ministero nel processo che lo vede imputato per istigazione al suicidio: i fatti risalgono al febbraio 2017, quando il leader radicale accompagnò nella procedura di suicidio assistito in una clinica svizzera il 39enne Fabiano Antoniani, conosciuto come Dj Fabo, che in seguito a un incidente era rimasto cieco e totalmente paralizzato. Fu lo stesso Antoniani - che era a conoscenza delle battaglie di Cappato sui temi dell'eutanasia e del testamento biologico - a chiederne l'aiuto.
Un caso che si è rivelato determinante per riportare il tema del fine vita sotto i riflettori della pubblica opinione. A dicembre, l'Italia è finalmente riuscita a dotarsi di una legge per il biotestamento; ma ora, in un'intervista concessa a Euronews alla vigilia della sentenza per il processo relativo a quell'episodio, Marco Cappato riconferma la linea finora espressa: se un'assoluzione dev'esserci, è necessario che questa sia motivata con l'incostituzionalità del reato