Bugie e falsi profili: la feccia della rete infetta la democrazia

Finora la grande accusata era Mosca, sospettata di manipolare l’opinione pubblica sui social network con influencer e contenuti sponsorizzati, ora in favore di Trump, ora in favore di Brexit. Poi c‘è la Cina, all’avanguardia soprattutto per la sua opera di censura a livello internazionale di vergogne domestiche, come la violazione di diritti umani.
E gli altri Paesi? Nell’ultimo anno, secondo un rapporto della Ong Freedom House intitolato “Freedom of the net”, almeno 30 su 65 Paesi esaminati, in qualche modo, hanno manipolato l’opinione pubblica usando troll, cioè profili automatizzati non rispondenti a persone reali, influencer, falsi siti di notizie e canali di propaganda: tecniche più sottili e più difficili da contrastare rispetto, ad esempio, all’oscuramento di un sito.
Secondo la Ong in testa alla classifica dei Paesi in continuo peggioramento negli ultimi 10 anni ci sono Turchia, Bahrein e Etiopia. Attenzione anche alle Filippine dove, si legge nel rapporto “Freedom of the net”, c‘è un esercito di tastiere pronte a sostenere il presidente Duterte per 10 dollari al giorno.
E comunque nessuno è immune dal male: nell’ultimo anno sono state influenzate le elezioni di 18 Paesi , tra cui gli USA, e fake news sono spuntate anche in Francia, Germania, Italia e Regno Unito.