USA: un delegato texano, "in novembre Trump vincerà"

USA: un delegato texano, "in novembre Trump vincerà"
Di Euronews
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Alla convention repubblicana di Cleveland, nell’Ohio, il nostro inviato Stefan Grobe ha parlato con Sergio Sanchez, un delegato supplente texano.

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Alla convention repubblicana di Cleveland, nell’Ohio, il nostro inviato Stefan Grobe ha parlato con Sergio Sanchez, un delegato supplente texano.

Stefan Grobe, euronews:
Parliamo un po’ dell’atmosfera politica di questa convention: per un’audience europea, insomma: qui si parla di patate nell’Idaho, o di un possibile legame di Hillary Clinton con il diavolo. Ma che succede?

Sergio Sanchez, delegato repubblicano:
È sempre un po’ un circo. Ogni stagione delle primarie negli Stati Uniti è un circo dalle due parti, un circo politico, c‘è molto colore nel linguaggio, nelle espressioni, viene tutto un po’ caricato. Ma è previsto, fa parte del gioco.

euronews:
Quello che in Europa non si riesce a percepire di tutto questo è l’abituale diversità americana. È un partito in gran parte bianco. Lei però viene dal Texas, è un latinoamericano. Secondo il Newyorker la cosa più difficile per i repubblicani è trovare qualcuno che parli all’elettorato latinoamericano. Lei cosa ne pensa? Come farà Trump a raggiungere quell’elettorato?

Sergio Sanchez:
Prima di tutto direi che nelle primarie con 17 candidati la diversità c’era, c’era una donna, un afroamericano, i latinoamericani nel ticket. Alla fine direi che ha vinto un outsider. Un uomo d’affari, un cittadino, uno che per il processo politico è davvero un outsider. Gli elettori sono venuti fuori dal nulla e hanno votato per lui. Nella mia regione, nel Texas, ho visto un numero record di votanti: è l’estremo sud del Texas, alla frontiera, e lì ha votato il triplo del solito tra gli elettori repubblicani, giusto per guardare a qualche dato d’esempio, perché ne ho una visione diretta.
Ho visto molte persone che non votavano da anni e che improvvisamente si sono manifestate. E anche un po’ di gente in arrivo dal fronte democratico.
Per me proporre Donald Trump è facile, perché adesso sono in politica, ma vengo dai media, ci ho lavorato per vent’anni nel Texas del sud dove guidavo una piccola emittente d’informazione. E quindi conosco il mio mercato.

Per me Trump è facile da proporre perché ho visto nel 2010 la rivoluzione del Tea party, quando 65 o 66 membri del Congresso sono stati buttati fuori ed è arrivata molta gente nuova. E il fenomeno attuale credo che sia un’estensione di quello. Dove la gente non vuole più la politica cui siamo abituati, è più facile da proporre.

euronews:
Prima di poter dare unità al Paese, Trump dovrà darla al partito. Pensa che riuscirà?

Sergio Sanchez:
Penso di sì, grazie alla nomina del governatore Pence. È stata una scelta molto saggia. Il governatore Pence è staqto parte della rivoluzione del Tea Party. È qualcuno che sa come far passare una norma, e anche come trattare con l’altra parte, ma soprattutto rappresenta la base conservatrice del partito repubblicano, per solidificare quella parte del partito che non si fidava di lui, e cioè la parte più conservatrice, più vicina al Tea party. Pence porta tutto questo.

euronews:
C‘è la possibilità che Trump perda. E se perde, che accadrà al partito repubblicano?

Sergio Sanchez:
A quel punto spererei che un altro outsider sia abbastanza coraggioso da farsi avanti in futuro. Dei sedici altri candidati di queste primarie, alcuni erano molto legati all’establishment. Io spererei in un nuovo tentativo da parte di Ted Cruz, e che persone come il dottor Carson, un altro outsider, decidano di riprovarci. Ma proprio perché ho imparato il linguaggio politico adesso non mi concentrerei sull’ipotesi della sconfitta. Io mi concentro sulla vittoria per novembre e Donald Trump vincerà.

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